di Ciuenlai

Costi della politica e riforme istituzionali seconda puntata. Dopo la Regione le altre istituzioni. Gli argomenti sono accorpamento dei comuni, eliminazione delle presidenze dei Consigli e degli assessorati esterni, ridimensionamento dei costi di rappresentanza.

1) Accorpamento dei Comuni – Questa operazione, per essere efficace non può limitarsi a cancellare qualche piccola entità, ma deve agire nel profondo. Serve una operazione radicale che potrebbe facilitare anche il superamento delle Province. Per l’Umbria si potrebbe seguire lo schema organizzativo del vecchio Pci, che di queste cose se ne intendeva. Si passerebbe dagli attuali 92 comuni ai 17 “capizona” di una volta (Perugia, Castiglion del Lago, Magione, Città di Castello, Umbertide, Gubbio, Gualdo Tadino, Norcia, Spoleto, Marsciano, Todi, Bastia Umbra, Assisi, Terni, Narni, Amelia e Orvieto). Si tratta di entità amalgamabili perché hanno una forte omogeneità territoriale e culturale. L’operazione è difficile per le possibili resistenze locali ad eliminare i municipi, ma basterebbe tranquillizzare la popolazione. I servizi restano sotto casa, spariscono solo le poltrone.

2) Eliminazione degli incarichi inutili – Le Presidenze dei Consigli, salvo che per la Regione che è un organo legislativo, sono un lusso e servono solo ad aumentare le spese. Eliminatele tutte e 92 e troverete dei bei soldini sotto al mattone. Ma l’altro moltiplicatore di spesa è il ricorso agli Assessori esterni. Per capire di che parlo Prendiamo il Comune di Perugia. Oggi si eleggono 40 Consiglieri più il Sindaco, ma si pagano 51 amministratori. Se i membri della Giunta fossero invece solo Consiglieri si risparmierebbero 10 stipendi. A occhio si tratta di 200 mila euro l’anno. Moltiplicate questa operazione per 92 e troverete cospicue risorse aggiuntive per mettere catrame sulle strade, riparare le scuole, potenziare i servizi e quindi dare anche lavoro. Questa sarebbe un’ operazione di risparmio economico e di giustizia politica. Eh si perché oggi a comandare negli enti sono gli esecutivi (non eletti e nominati dal Sindaco) e non i Consigli (eletti dal popolo). Questa nuova configurazione riequilibrerebbe le cose.

3) I costi di rappresentanza – sindaci, presidenze, assessorati e gruppi consiliari hanno oggi un costo troppo oneroso. Montagne di segretari e di assistenti, consulenti dappertutto, staff allargati, spese di funzionamento eccessive. Qualche maligno afferma che un pezzo di spesa dei partiti si scarica, in questa maniera, sulle istituzioni.

Qualcuno obietterà che è una cura da cavallo. Ma questa ci vuole in una situazione di emergenza. E non dite che è non è possibile e che è eccessivo. Tutto questo, come ha ricordato Ilvano Rasimelli, una volta esisteva. Fino alla prima metà degli anni 80 le Giunte erano scelte tra gli eletti che rimanevano Consiglieri e quindi “obbligati” a partecipare attivamente ai lavori dell’Assemblea (oggi i banchi della giunta sono spesso vuoti), che era diretta, senza problemi di sorta, dal sindaco o dal Presidente.

Sindaci e Presidenti si accontentavano di una segretaria/o, gli assessori si arrangiavano con il personale interno, i gruppi non avevano personale a loro disposizione. I più grandi, infatti, nominavano un segretario che era addetto al funzionamento del gruppo. Le indennità erano una specie di rimborso spese per il disturbo. Il tutto perché l’amministrazione della cosa pubblica aveva come principio il famoso “spirito di servizio”. Il volontariato la faceva da padrone perché un’idea “si onora e non si paga”. Eppure questa sobrietà non ha impedito la nascita e la crescita del periodo migliore per le autonomie, per lo sviluppo dei servizi e per il coinvolgimento diretto dei cittadini al governo della cosa pubblica.

E non è solo e non tanto una questione di risorse e di soldi; è una questione legata alla cultura politica. Quando questa è cambiata, la rincorsa ai benefit e alle spese, si è allargata a dismisura. Da allora, lo Stato è stato piegato alle esigenze dei partiti e dei loro dirigenti e il debito si è moltiplicato, in pochi anni, per 7 o per 8. Qualche volta, il passato può essere anche una soluzione per il presente.
 

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