Sanità - Sulla legge regionale per la nomina di primari e direttori generali...
PERUGIA - Nell’ottobre del 2010 l’assessore regionale umbro alla Sanità, coinvolto nell’uso improprio del Servizio Sanitario Regionale (SSR) per ottenere voti alle primarie (una infermiera in orario di servizio avrebbe fatto 850 telefonate in suo favore) si dimette.
Per contrastare la deriva morale cui ha dato vita la aziendalizzazione del SSR, nasce in Umbria la coalizione “ Come democratizzare il nostro SSR?” composta da associazioni consumatori, società scientifiche, associazioni di base, fondazioni culturali e cittadini competenti, che attiva una “con ricerca” per condividere modalità di gestione partecipata della sanità (http://acuumbria.org/index.php?option=com_content&view=article&id=51:san...).
Parallelamente la Giunta regionale (PD, IDV, FS), mentre non ha tuttora nominato il nuovo assessore alla sanità, approva con un proprio disegno di legge un dispositivo sulla nomina di direttori generali e primari (approvato lunedì 11 luglio/ 2011) che ribadisce l’amplissima discrezionalità di Giunta Regionale e Direttori Generali nella nomina dei primari stessi, senza prevedere alcuna forma di terzietà nella valutazione del loro operato.
Il commento che segue si riferisce al senso che l’approvazione di tale norma riveste.
Chi fa di “merito, trasparenza e partecipazione ” argomenti di battaglia politica, dovrebbe considerare che:
- rispetto ad un concorso in cui vince ( con tutte le distorsioni che conosciamo bene) il più bravo, la selezione all’interno di una terna di nomi, premia il più compatibile con le forze partitiche che detengono il potere, dando così forza di legge al clientelismo ed all’uso privato del pubblico nel Servizio sanitario regionale;
- rispetto alla trasparenza, il testo approvato non era noto nella stesura che andava in consiglio fino a poche ore prima della presentazione in aula;
- la partecipazione tenuta in consiglio regionale il 12 gennaio ha avuto per oggetto un disegno di legge diverso, poi ritirato (!?) dai proponenti;
Sono quindi prive di base materiale tutte le dichiarazioni rilasciate alla stampa dalle forze partitiche che hanno approvato l’atto e tese a valorizzarne l’effetto in termini di trasparenza, merito e altre belle parole.
La dura sostanza è che:
1) si tratta di un atto che consolida l’assetto clientelare nella sanità e da una base normativa all’uso privato del pubblico;
2) i professionisti che mirano (del tutto legittimante) a divenire dirigenti di struttura complessa o direttori generali con questa norma hanno ora chiaro che a fare la differenza non sarà la competenza clinica o amministrativa, ma le affiliazioni ad alcuni partiti, che diventano un elemento obbligatorio del loro curriculum sostanziale;
3) l’effetto sulla qualità del servizio sanitario sarà certamente negativo perché solo in rari casi sarà premiata la competenza;
4) professionisti nominati dirigenti di struttura complessa o direttori generali con tali procedure clientelari faranno della compiacenza nei confronti delle forze politiche cui sono affiliati un obbligo;
5) la minore competenza da parte dei dirigenti di struttura complessa, nel caso di mansioni cliniche, può recare grave danno alla salute di singoli cittadini che si affidano alle cure del servizio sanitario;
6) la compiacenza nei confronti dei partiti da parte dei dirigenti di struttura complessa che si occupano di sanità pubblica può recare grave danno alla salute di intere popolazioni, facendo venire meno quella indipendenza di giudizio che occorre in caso di grandi scelte che creano esposizione a fattori di rischio (inceneritore, urbanistica, mappatura rifiuti industriali, ecc);
7) su un piano più generale abbiamo l’ennesimo eccellente esempio di sostituzione dei fini: forze politiche che formalmente sono nate per promuovere la partecipazione, la valorizzazione delle competenze ed i beni comuni, adottano dispositivi che, garantendo posti per i propri affiliati, da un lato rafforzano la propria organizzazione, ma lo fanno mettendo in pratica finalità del tutto diverse o addirittura inverse da quelle per cui hanno chiesto ai cittadini di essere votati.
8) Infine, ma non meno importante, questa norma rafforza l’autovalutazione all’interno del sistema, senza introdurre alcun elemento di valutazione in regime di terzietà.
Carlo Romagnoli,
ACU Sanità

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