Codice del turismo/ Per Confcommercio Umbria si tratta di un’occasione persa
PERUGIA - La Confcommercio dell’Umbria boccia nel metodo e nei contenuti il cosiddetto “codice del turismo”, recentemente pubblicato in Gazzetta ufficiale.
“E’ un atto – sottolinea l’organizzazione - che, andando a disciplinare nel dettaglio tutti gli aspetti connessi all’attività turistica, invade la competenza normativa riservata in via esclusiva alle Regioni. Bene ha fatto dunque la Regione dell’Umbria, insieme ad altre, ad impugnarlo sotto il profilo della legittimità costituzionale.
Per di più, il decreto manca totalmente di prevedere politiche e strategie di sviluppo del settore, manca soprattutto di destinare le risorse necessarie, lasciando invece spazio ad una deregulation senza criterio che altera la concorrenza tra le imprese, impoverisce la diversificazione dell’offerta turistica e toglie ai consumatori punti di riferimento attraverso i quali orientare le proprie scelte.
Insomma, invece di fare uno sforzo titanico per stabilire regole che creano solo polemiche sulle competenze, ci saremmo aspettati dal Governo risorse adeguate per promuovere l’Italia e di conseguenza i suoi territori. Ci saremmo aspettati fatti concreti per il rilancio del settore, e non un provvedimento che crea solo problemi”.
“Le politiche integrate per il turismo, sotto il profilo della commercializzazione e della promozione, la gestione coordinata, l’ottimizzazione dell’uso delle risorse – spiega ancora l’organizzazione – sono la prima e più impegnativa sfida che il turismo in Umbria deve affrontare per fare un salto di qualità. Ma la stessa cosa deve avvenire – a maggior ragione – a livello nazionale, perché prima di vendere l’Umbria si vende l’Italia. Il codice del turismo da questo punto di vista è assolutamente deludente, perché non prevede le auspicate azioni forti in termini di comunicazione e promo-commercializzazione che avrebbero decisamente favorito anche la promozione dei singoli territori. E questo è tanto più grave se pensiamo ai mercati emergenti, ai paesi in cui sta crescendo una classe di nuovi ricchi e quindi di potenziali clienti - Cina, India, Russia, ma anche Brasile, etc. – che bisogna “aggredire” ed intercettare prontamente, pena la perdita di competitività con i nostri diretti concorrenti. Invece che occuparsi di questo – critica Confcommercio Umbria – il codice si è soffermato su aspetti tecnici, entrando a “gamba tesa” nelle materie di spettanza delle Regioni”.
Ma i punti critici non finiscono qui: manca nel decreto, ad esempio, un sia pur minimo intervento per quanto riguarda un problema cruciale per alcune categorie del turismo, cioè l’abusivismo, sempre più diffuso. Non solo: vengono previste forme di deregulation che equiparano l’attività consentita – ad esempio in materia di somministrazione - a diverse tipologie di imprese a fronte di diversi obblighi e doveri da osservare, aumentando il rischio della concorrenza sleale. Insomma una semplificazione che – consistendo solo nella cancellazione di regole - lascia spazio all’anarchia e crea omogeneizzazione dell’offerta, non considerando che la varietà dei format si traduce in ricchezza e in varietà , e quindi è un valore importante”.

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