di Antonio Torrelli -

PERUGIA - Alla minoranza della Cgil umbra l'accordo proprio non va giù. Per "La Cgil che vogliamo" è tutto sbagliato sia nel merito che nel metodo. Perchè di fatto "è stata contrattata la ritirata in un momento in cui invece la Cgil stava dimostrando di essere una vera alternativa".

A parlare è uno dei leader dell'area di riferimento, che sulla questione dei contratti nazionali esprime più di un semplice commento a caldo. Vasco Cajarelli, infatti, punta il dito sui pericoli di ricattabilità nei confronti dei lavoratori, che "in tempi di crisi e grande difficoltà economica si trovberanno certo costretti ad accettare condizioni non più negoziabili".

Tenendo comunque presente i diversi passaggi che ancora dovranno essere sciolti sia a livello nazionale che a livello regionale, a "La Cgil che vogliamo" preme sottolineare una questione fondamentale: "Non possiamo condividere -aggiunge Cajarelli- che un datore di lavoro abbia facoltà di stringere accordi con una Rsu piuttosto che con un'altra, mettendo in evidente e conseguente difficoltà la parte restante di lavoratori che non appartengono ad una determinata sigla sindacale".

Uno strumento pericoloso, dunque, che lascerebbe, secondo il componente della segreteria regionale, uno spazio di manovra troppo ampio a chi guida aziende e fabbriche.

"Pensiamo per un attimo alle grandi esperienze di Pomigliano d'Arco e Mirafiori -sempre Cajarelli- e riflettiamo se quelle opposizioni, prima minoritarie e poi maggioritarie, avrebbero potuto concretizzarsi in un simile clima. Rinunciare allo spirito democratico del referendum e concedere solo a pochi la possibilità di scelta -conclude- rimane per me un grave errore".

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