Coniugare rigore e crescita è impossibile
Sono mesi che si sente questa frase, occorre coniugare "rigore e crescita". Oggi a rilanciare il tema è la Corte dei Conti che manda l'avvertimento al Governo. Nell'attuale quadro congiunturale occorre ricercare un «difficile punto di equilibrio tra la riduzione del debito pubblico e il riordino della crescita economica». In un'ottica che deve tenere conto dei vincoli imposti dalla nuova governance europea. Dicono i nostri "analisti" che «la corretta allocazione delle risorse pubbliche è fondamentale, così come è fondamentale che l'attività di programmazione sia correttamente condotta». È inoltre «fondamentale l'attività di verifica sui risultati effettivi conseguiti» o, se gli obiettivi non fossero raggiunti, «sulle cause che determinano il mancato o ritardato utilizzo delle risorse disponibili». La corte sottolinea inoltre, che «sia a livello centrale sia a livello locale l'obiettivo di riduzione della spesa pubblica non determini una dequalificazione della spesa stessa, considerato che l'obiettivo della crescita deve essere parimenti perseguito».
Fino a qui il linguaggio istituzionale, il problema però è che questi auspici sono di fatto impossibili da ottenere. E' inutile girarci intorno, l'Europa "prussiana" impone il rigore e se ne frega della nostra crescita. Il rigore produce stagnazione e disoccuapazione di massa nei paesi periferici della zona euro dove è stato fatto, basta pensare alla Grecia, alla Spagna, all'Irlanda. Non dobbiamo cadere nella logica idiota del patto di stabilità che sacrifica il nostro futuro in nome del rispetto dei conti stabiliti dai banchieri di Bruxelles, dobbiamo invece posizionare la riflessione programmatica sul versante esterno a quel patto che non ha firmato il popolo italiano ma Tremonti e Berlusconi in sordina il marzo scorso con il complice silenzio dell'opposizione. Se la nostra costituzione non prevede per la firma degli accordi internazionali un voto in parlamento, ciò non vuol dire che una scelta di tale portata doveva essere fatta senza una discussione trasparente e comprensibile a tutti.
Abbia il coraggio Tremonti di inserire il vincolo di bilancio moficando la nostra costituzione come ha promesso agli sceriffi di Bruxelles, e dia al popolo italiano la possibilità di pronunciarsi sul suo futuro invece che cedere la nostra sovranità economica in sordina! Perchè dobbiamo ridurre il debito pubblico con la ricchezza che invece andrebbe redistribuita? Se il nostro debito pubblico è detenuto in maggioranza dalle banche e pescecani finanziari che ci speculano sopra non dovrebbero essere loro a pagarlo anziché i lavoratori e le lavoratrici? Le Banche invece di essere lasciate libere sul prato della speculazione del vecchio continente, dovrebbero essere "responsabilizzate" da un governo serio a rinunciare ai loro profitti. Questo può avvenire senza toccare il risparmio delle famiglie che detiene una minima parte del debito pubblico italiano, ma semplicemente con un atto politico che in pochi contesterebbero. Continuare a dire che è possibile coniugare rigore e crescita è un non senso, dove si è fatto il rigore l'effetto è stato la recessione.

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