di Franco Calistri

PERUGIA - Dopo le amministrative ed i referendum, in questo ha ragione Vendola, siamo di fronte ad un centro sinistra “condannato a vincere” che, suo malgrado, si trova oggettivamente in vantaggio rispetto ad un centro destra in stato confusionale, tra promesse di riforme impossibili ed i vincoli europei. Ma questo vantaggio, ha ancora ragione Vendola, va capitalizzato dando risposte politico programmatiche ad un paese che mostra segni sempre più evidenti di stanchezza nelle sue parti più avanzate (nella classifica delle grandi aree europee il Nord Ovest ed il Nord Est tra il 1989 ed il 2009 sono scese rispettivamente dal settimo al ventesimo e dall'ottavo al ventunesimo posto), con vaste aree di popolazione ridotte allo stremo ed il sorgere, per il momento ancora in forma episodica, di focolai di tensione sociale. Nelle amministrative, ed in maniera più marcata nella campagna referendaria, sono stati i movimenti, i comitati di base i protagonisti della riscossa e spetta alla politica, alle forze politiche di centro sinistra trasformare questa richiesta di cambiamento in progetto politico nel quale si riconosca (e si costituisca) un nuovo blocco sociale.

E qui nascono i problemi, cosa voglia fare questo centro sinistra, quali siano le sue ricette per l'Italia, tutto è avvolto nella nebbia.. Partiamo, per comodità, dal Partito Democratico, che in questa ultima tornata elettorale si è confermato come forza solida, asse portante dell'opposizione e al quale va riconosciuto l'onere e l'onere della proposta. E' evidente a tutti la difficoltà della situazione: la Grecia ormai paese fallito in amministrazione controllata, Portogallo e Spagna in gravissime difficoltà, l'Italia che sta per superare la soglia da sorvegliato speciale a libertà condizionata. Ebbene il Documento Programmatico messo a punto dal PD come contributo/risposta al Programma nazionale di riforme da un lato, con la sottolineatura del a necessità di una crescita della domanda interna in Europa come condizione ineludibile per una ripresa della crescita e dell’occupazione, contiene elementi importanti di novità e pone in essere una forte critica alle politiche europee di austerità a senso unico, ma dall'altro quando si fa riferimento all'Italia, come ricetta per l'espansione della domanda, attivando un incredibile loop concettual/politico, si rinvia al cambiamento delle politiche europee e al tempo stesso ci si inchina alle ricette di austerità avanzate nella relazione del governatore Draghi e chieste dall'Europa. Ma se la politica europea non cambia rotta, come fortemente prevedibile, quali saranno le proposte del centro sinistra per l'Italia, forse di fare come in Grecia e Spagna? Ovvero attuare politiche di tagli indiscriminati (i tagli mirati sono ormai come le bombe intelligenti della NATO in Libia), generando ulteriore recessione e disoccupazione? Per il momento non è dato saperlo eppure questo, di e con quali politiche macroeconomiche il centro sinistra intenda presentarsi al paese, è un terreno, se non il terreno, sul quale si gioca una parte determinante di quel processo di consolidamento dei risultati acquisiti tra amministrative e referendum e di costruzione di un nuovo blocco sociale.

Per non parlare della questione lavoro, che dovrebbe rappresentare il fulcro della proposta politica del nuovo centro sinistra. Anche in questo caso parliamo di Partito Democratico, che ha da poco concluso la sua Conferenza nazionale, al cui interno rispetto ad una questione emblematica come quella del lavoro precario, si sono confrontate due posizioni totalmente divergenti. Da un lato l'idea che la riduzione del precariato passi attraverso l'aumento del suo costo, posizione condivisibile ma che coglie solo una parte del problema, dall'altro che le tutele per i figli precari si conquistino attraverso la riduzione di quelle dei padri (gli stabili e garantiti). Mentre è rimasta in ombra l'idea di presentarsi al paese con un grande disegno riformatore, che ponga il nostro paese a livello delle più avanzate realtà europee: un disegno centrato su riforma dei rapporti di lavoro, abolizione di tutte le nuove tipologie contrattuali inserite con la L.30/2001, limitazione del ricorso ai contratti a tempo determinato, revisione della disciplina degli appalti, delle esternalizzazioni e trasferimenti di impresa, l'abrogazione degli istituti dell'arbitrato e della certificazione, la revisione dell'apprendistato, la riforma degli ammortizzatori sociali ed una legge sulle rappresentanze. Si tratta di proposte certo non nuove, già concretizzate in proposte di legge, alcune delle quali a suo tempo sostenute da CGIL e parte degli ex DS, ma che continuano ad essere attualissime e, sopratutto, hanno il pregio di parlar chiaro.

Questo per citare solo due questioni, quali politiche macroeconomiche e quali politiche del lavoro, che dovrebbero costituire due elementi portanti del programma di centro sinistra. Come si vede siamo ancora nella nebbia fitta.

Franco Calistri
 

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