Criminalità organizzata - Confesercenti: "L'Umbria non è più un'isola felice"
PERUGIA - L’Umbria: il cuore verde dell'Italia, il luogo dell'eccellenza enogastronomica, odorosa di sacro, non è più, purtroppo, quell’isola felice immune da pericolose infiltrazioni di criminalità organizzata e mafiosa, come molte volte ci hanno fatto credere.
Come in molte altre zone del centro-nord, anche nella nostra regione, il territorio si è dimostrato permeabile all’insediamento criminale. Una situazione che, seppure non grave, mostra diversi elementi che segnano l’affermarsi di una rete di riferimento di varie organizzazioni sul territorio e che emergono in modo evidente nel mercato della droga e della prostituzione, ma anche in altri remunerativi settori, come lo smaltimento dei rifiuti, l’usura e gli appalti.
Non solo quindi l’Umbria come territorio “appartato e tranquillo”, ideale come base logistica, smistamento e sicuro nascondiglio per latitanti pericolosi.
Che l’Umbria non fosse più un’isola felice la Confesercenti regionale lo sta dicendo da molti anni e oggi, finalmente, sembra che se ne siano accorti tutti.
Ora anche le cronache più recenti, come il sequestro di beni a un imprenditore legato al clan dei Casalesi a Terni, non fanno che confermare questa triste realtà.
L’Umbria non è terra di mafia, di camorra e andrangheta, ma in Umbria i mafiosi, i camorristi e la 'ndragheta ci sono: trafficano, riciclano, reinvestono.
Cronaca e inchieste giudiziarie ci descrivono una regione che ha perso molto dell’aurea di “isola felice”, del tutto estranea alla presenza malavitosa e a condizionamenti da parte della criminalità organizzata che una certa letteratura, e perché no, anche una qualche rappresentazione istituzionale, gli avevano cucito addosso.
Quanto dicevamo nell’ultimo rapporto di SOS Impresa (l’associazione della Confesercenti per la legalità) purtroppo sta avendo sempre più conferme.
L’azione della criminalità organizzata è razionale, i territori e i luoghi di reinvestimento e di presenza non sono neutri rispetto i livelli di prevenzione, accendere l'attenzione, non è quindi un reato di “lesa maestà”, ma contribuisce a costruire anticorpi, che possano rendere più difficile l'attività di penetrazione dell'economia mafiosa, nel tessuto economico umbro. Ed è soprattutto il tessuto imprenditoriale umbro ad avvertire il rischio d’infiltrazioni. Camorra,‘ndrangheta e cosa nostra, sono infatti in prima linea nell’aggiudicazione di importanti appalti, grazie alla tecnica del massimo ribasso, proponendo offerte troppo basse e non sostenibili per altre imprese locali, in particolare nel settore edilizia e del ciclo dei rifiuti. Anche pezzi del comparto turistico e, in particolare, della ristorazione sono entrati nell'interesse delle organizzazioni criminali, che attraverso prestanome e professionisti conniventi hanno già messo radici nel territorio umbro. Infine non vanno sottaciuti gli interessi nel settore tradizionale della gestione del gioco illecito e, da qualche tempo, anche di quello “lecito”.
Sono stati propri gli imprenditori, nei giorni dell’operazione Naos (2008) a dichiarare: quest’operazione dei Ros è anche la dimostrazione che la nostra non è una terra dove facilmente può infiltrarsi un’organizzazione di tipo mafioso e attecchire l’omertà.
Quello della Confesrecenti è un piccolo contributo utile a rimuovere quel velo d’ipocrisia, senza lanciare allarmismi inutili, ma anche senza sottovalutazioni. Perché laddove è maggiore l’attenzione dell’opinione pubblica più complicati sono i tentativi di penetrazione mafiosa.
Allora vanno sostenute azioni come quella della regione con l’istituzione della commissione per monitorare la situazione della criminalità nella nostra terra. Ma a questo bisogna affiancare, nella maniera più assoluta, un alto livello di attenzione e di denuncia.

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