'Referendum, una speranza di cambiamento dalle urne. Come nel ’74 e nell’81'
di Vittorio Bonanni
Lo straordinario risultato referendario di ieri, con il quorum raggiunto dopo sedici anni di fallimenti e con la schiacciante vittoria di chi ha detto no al legittimo impedimento, al nucleare e alla privitazzazione della gestione dell’acqua pubblica, ci riporta con la mente indietro di anni. In particolare quando si disse no alla cancellazione della legge sul divorzio nel 1974, no alla cancellazione di alcune norme della legge 194 sul diritto all’interruzione di gravidanza nel 1981. E anche quando si ridusse il diritto dell’elettore al voto di preferenza nel 1991, dando il via alla fine della cosiddetta prima repubblica, epilogo caratterizzato, come è noto, dalla stagione di Tangentopoli, dalla fine dei grandi partiti di governo, Dc e Psi, e la trasformazione del Pci in Pds, in un partito cioè legittimato dal nuovo scenario internazionale e nazionale a governare. Le assonanze sono tante come pure le differenze. Cerchiamo di esaminarle.
Nel 1974 la conferma della legge Fortuna-Baslini e la sconfitta della Dc di Amintore Fanfani fecero da preludio alla straordinaria avanzata della sinistra e in particolare del Pci nelle successive elezioni amministrative del 1975 e politiche del 1976. Quella richiesta di cambiamento non venne accolta e non è questa la tribuna per approfondirne le ragioni, peraltro già abbondantemente sviscerate da storici ed opinionisti. Rimase comunque la sensazione di una grande occasione persa per trasformare l’Italia, un cambiamento ostacolato in tutti i modi anche e soprattutto per ragioni che andavano oltre i nostri confini nazionali. Quali sono i punti in comune con lo scenario attuale? Anche qui il risultato delle ammistrative e quello referendario sono il segnale di una grande richiesta di trasformazione. Forse più di allora, e comunque per ragioni diverse, le forze che dovrebbero fare propria questa richiesta, penso soprattutto al Pd ma non solo, sono assolutamente impreparate e spiazzate. Il moderatismo da un lato e l’esigenza di rispondere a Berlusconi scendendo sul suo stesso terreno, la personalizzazione della politica per intenderci, hanno impedito di capire che cosa si stava muovendo nella società.
Fonte: controlacrisi.org
Ora i giochi sono aperti ma speriamo di non dover registrare un’ennesima occasione perduta che questa volta non avrebbe neanche la giustificazione di un mondo diviso in due blocchi, con l’Italia in bilico. Rispetto poi ai primi anni ’90 c’è come allora una classe politica in decadenza, quella di centro-destra, anch’essa sotto il mirino della magistratura come lo fu quella legata al Caf. Ma questa volta il descredito nel quale è caduto il Cavaliere e il suo governo, incapaci di rispondere alle esigenze della popolazione, potrebbero, e ce lo auguriamo, essere elementi sufficienti per mandare a casa il governo peggiore della storia della nostra repubblica senza aspettare l’esito di pur doverosi processi. Questo aspetto della questione è strettamente legato al primo.
Si riuscirà ad uscire a sinistra dal lungo tunnel del berlusconismo solo se si capiranno i perché di questi due risultati elettorali. Altrimenti l’Italia farà a meno di un uomo che è riuscita a screditarla come non mai in questi quasi venti anni di presenza sulla scena politica ma chi lo sostituirà, o chi sostituirà il suo partito politico destinato a questo punto ad una ridefinizione totale, potrebbe disattendere la speranza di cambiamento che ha rifatto capolino. E sarà di nuovo un’occasione persa, l’ennesima nella storia repubblicana.

Recent comments
12 years 14 weeks ago
12 years 14 weeks ago
12 years 14 weeks ago
12 years 14 weeks ago
12 years 14 weeks ago
12 years 14 weeks ago
12 years 14 weeks ago
12 years 14 weeks ago
12 years 14 weeks ago
12 years 14 weeks ago