Università di Perugia: "Quale mission per l'Ateneo con il nuovo statuto?"
PERUGIA - La discussione sul futuro Statuto dell’Ateneo, che vede in questi giorni molti contributi e opinioni a confronto, rischia di risolversi troppo per linee interne, nel ristretto ambito di una commissione nominata e non eletta e dentro gli organi accademici. Molto rumore sui media, ma poi pochi a scegliere e a decidere realmente.
Noi rinnoviamo la richiesta che avevamo già fatto: un percorso con ampia e vera partecipazione, non gestita gerarchicamente, che veda tutte le componenti realmente protagoniste.
Pochi bizantinismi e più chiarezza. Risposte chiare a domande chiare.
Ad esempio chiediamo: Si vuole preservare ed estendere o meno il carattere di autogoverno democratico della comunità accademica?
Si vuole preservare o meno il carattere di massa della offerta di formazione universitaria? Si vuole o meno accrescere la spendibilità del titolo universitario? E si vuole mantenere (e sviluppare) un rapporto fattivo con la realtà istituzionale, sociale ed economica circostante o no?
Dallo scioglimento di queste domande in senso positivo o negativo discendono conseguenze e linee guida chiare e imprescindibili. Ovviamente, per noi le risposte sono affermative. Chiediamo a tutti gli attori di essere altrettanto chiari.
1. Preservare l'autogoverno democratico si può, anche nelle more di una legge non favorevole in questo senso, innanzitutto riaffermando il carattere elettivo pieno di tutti (nessuno escluso) gli attori della governance. Il Rettore, il Senato accademico, il Consiglio di amministrazione devono passare attraverso una legittimazione elettorale, ripetiamo, piena e inclusiva di tutte le componenti della comunità accademica.
Di conseguenza, in ogni organo deve esserci una presenza dignitosa di tutte le componenti (docenti, ricercatori, personale tecnico-amministrativo, studenti). E per superare eventuali vincoli di legge che potrebbero sussistere, si potrebbe ad esempio prevedere una Consulta d’Ateneo, composta da un numero rispettoso delle componenti e della democrazia, cui lo Statuto potrebbe attribuire la funzione di esprimere pareri obbligatori e preventivi sugli atti del C.d.A. (pareri e non altro altrimenti si va “contra legem”).
2. Ricerca e didattica, nell’Ateneo, devono godere di pari dignità. L’idea di una piccola università, magari di qualità, è in realtà una contraddizione in termini: per poter produrre qualità bisogna poter disporre di una platea abbastanza ampia che consenta di sperimentare, ricercare e far crescere eccellenze. Non è curando particolarmente pochi, magari selezionati per censo, che si trova ciò che non c’è, ma è cercando tra molti che si trova anche il meglio.
Secondo noi occorre inoltre invertire la tendenza alla iperspecializzazione, figlia della ormai abortita e comunque nefasta introduzione del 3 + 2. Tornare a lauree che offrano un ampio spettro di competenze e quindi di possibili utilizzazioni è molto importante.
Come altrettanto importante è offrire un piano di studi basato su discipline aggregate per aree tematiche e non frammentate in modo parossistico. Questa tendenza dovrebbe inoltre riportare le prove di verifica (esami o simili) a numeri meno ossessivi di quelli raggiunti in questi ultimi anni e che tanti problemi e dissensi hanno provocato tra gli studenti.
3. L’Ateneo ha sicuramente a riferimento un orizzonte internazionale e nazionale per le sue attività. Ma altrettanto sicuramente ha radici e rapporti profondi col territorio in cui è inserito.
Lo Statuto non può non tenere conto di questa realtà che sarebbe inutile negare o tentare di eludere. Tenere conto vuol dire costruire rapporti organici con le forme istituzionali e sociali dell’Umbria, abbattendo isolazionismi e separatezze storicamente molto radicati.
L’Università di Perugia è e deve rimanere l’Università dell’Umbria. E questo vuol dire interloquire realmente con l’Umbria. Con le sue ipotesi di sviluppo sociale ed economico, con le sue esigenze di professionalità e competenze, con le tendenze e l’essere del suo mercato del lavoro. Ed anche, perché no, con le sue potenzialità di finanziare e sostenere la funzione universitaria.
La programmazione, per esempio, fa capo alle Istituzioni della Regione, la vita delle attività economiche e produttive, del mercato del lavoro, fa capo ai soggetti sociali, la coesione e la qualità della realtà sociale si esprime anche tramite le forme dell’associazionismo e delle aggregazioni sociali.
Perché non pensare, nello Statuto, ad uno o più ambiti in cui tutto questo possa interloquire sistematicamente ed interreagire con la Comunità Accademica?
A queste domande si può rispondere in qualsiasi modo si voglia. Per esempio, non sarebbe il caso di indire una assemblea d’Ateneo?
Segreteria Regionale FLC CGIL Umbria

Recent comments
12 years 11 weeks ago
12 years 11 weeks ago
12 years 11 weeks ago
12 years 11 weeks ago
12 years 11 weeks ago
12 years 11 weeks ago
12 years 11 weeks ago
12 years 11 weeks ago
12 years 12 weeks ago
12 years 12 weeks ago