Editoriale di Gian Filippo Della Croce. Referendum perchè è necessario votare SI
“Vengono talora momenti tanto gravi nella vita di una nazione in cui la testimonianza pubblica di chi vive di integrità privata non è più un diritto civile, ma un vero e proprio dovere morale.” E’ una citazione da Max Weber, laddove il filosofo tedesco vuol far intendere che a un certo punto, di fronte a situazioni di emergenza o comunque gravi non basta rinchiudersi nella privata virtù, ma occorre scendere in campo, che in democrazia significa affermare o negare con il voto. Il riferimento vale anche per l’imminente referendum , in quanto lo stesso rappresenta una ulteriore occasione per consentire ai cittadini di “scendere in campo” per affermare con un si o con un no la loro volontà di realizzare o abrogare provvedimenti importanti per la qualità della loro vita , come il possesso dell’acqua, il diritto a una energia pulita e all’uguaglianza di fronte alla legge, che sono i temi dei quesiti che il referendum del 12 e 13 giugno sottoporrà al corpo elettorale.
A detta di molti si dice che siamo in presenza di una cultura caratterizzata dall’indifferenza etica, quindi proprio il modo con il quale verrà accolto dagli elettori il referendum potrà dirci se questa cultura sia ancora condivisa o meno, cioè se gli italiani ritengano possibile vivere accanto al rischio nucleare, se intendano essere espropriati del bene comune chiamato acqua, se decidano di non essere tutti uguali davanti alla legge. Vedremo dunque qual è il livello di coscienza etica del Paese in questo clima di “dispotismo suadente che governa l’Italia” come dice Piero Ignazi su l’Espresso. Questo è il valore politico più importante del prossimo referendum e ciò non è certo sfuggito al Cavaliere che infatti ha raccomandato una campagna elettorale spoliticizzata e di basso profilo, contando più sul non voto, quindi sul non raggiungimento del quorum necessario a rendere valido lo stesso referendum, che sulla vittoria dei no.
Del resto a qualche settimana di distanza dalla disfatta di Milano e di Napoli, il test referendario rappresenta una ulteriore verifica per il governo, che se fosse di segno negativo avallerebbe in modo definitivo e inequivocabile la fine di quel “matrimonio” degli italiani con Berlusconi che ha costituito fino ad oggi uno dei suoi cavalli di battaglia. In Italia infatti esiste anche il divorzio, quindi non ci sarebbe niente da ridire se il “matrimonio”, una volta andato in crisi venisse di fatto annullato, anche da chi è stato per un certo tempo innamorato dell’altro. Succede anche ai matrimoni che sembrano più solidi, di far scoprire ai coniugi a un certo punto, che l’amore è finito e che non sono fatti l’uno per l’altro. Succede, è già successo in politica, in Europa, in America, in Asia e in Africa, è già accaduto, quindi nessuna sorpresa ma piuttosto una valutazione sul “dopo” cioè quando i contraenti avranno riconquistato la loro libertà.
E’ la felicità delle democrazie, quella felicità fatta di scelte e sulla quale le democrazie poggiano. Quale peso avrà la banalizzazione della stessa democrazia altresì portata avanti negli ultimi anni con pervicacia dal Cavaliere nelle scelte degli elettori? Sarà anche in questo caso il referendum a dircelo ed è più che possibile che ci saranno delle sorprese. Berlusconi ha visto giusto ancora una volta, questo referendum va molto al di là degli stessi quesiti che propone e per questo si è battuto leoninamente per svuotarlo dei suoi micidiali contenuti politici, ricorrendo perfino a quella Consulta da lui tanto disprezzata, che inesorabilmente gli ha dato ancora una volta torto esponendolo al rischio che egli teme più di ogni altro: la libera scesa in campo dei cittadini.
GIAN FILIPPO DELLA CROCE

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