Pd - Stramaccioni: "Il partito dia una risposta concreta alla questione morale"
da un'intervista del Corriere dell'Umbria concessa da Alberto Stramaccioni a Lucia Baroncini -
PERUGIA - Parla dopo mesi di silenzio. Ma non per questo risparmia dure stoccate al partito che ha visto nascere e che ora considera lacerato da guerre correntizie e inchieste della magistratura.
Alberto Stramaccioni, ex segretario provinciale del Pd di Perugia, pone diverse riflessioni sul futuro dei democratici e dice basta con le "pratiche amministrative che hanno relegato l'attività del partito dentro le stanze del palazzo". Che vanno a sommarsi con le indagini in corso eche vedono coinvolti più esponenti del Pd a vari livelli istituzionali.
"Serve una reazione immediata -dice Stramaccioni- perchè con lo sviluppo delle inchieste c'è il serio rischio di far passare un'immagine del Pd legata solo alla gestione del potere e agli interessi della spesa pubblica. Non vedo ancora nessuna volontà di dare una risposta politica allo stato delle indagini e dei soggetti coinvolti. Se il Pd vuole andare avanti deve dare una svolta ai suoi legami che, sia aul piano regionale che su quello nazionale, lo vedono ancora troppo coinvolto con le sfere del potere economico".ò
Ma per ora nessuna mossa da parte del docente di Storia contemporane della Stranieri, che plaude alle vittorie di Pisapia e De Magistris e che auspica in un radicale cambiento del centro-sinistra tutto e livello nazionale. E, ovviamente, sul piano regionale, che in Umbria ha vinto nei comuni più importanti "nonostante -aggiunge Stramaccioni- i problemi e le lotte interne degli ultimi mesi".
Per il dopo estate, dunque, nessun ritorno in politica. E questo è chiaro. Ma Stramaccioni, che si sgancia dal toto-incarichi, non riesce comunque a stare fermo e lancia un'altra proposta di carattere culturale: "una rivista politica in grado di offrire un messaggio riformista per la società umbra e italiana in generale".

Sunday
03/07/11
19:29
“C’è più omertà nella politica che nella mafia. Non c’è uno che denunci la corruzione, che si dissoci. E pensare che questa pratica e questa tolleranza diffuse sono la principale ragione della resistenza di Berlusconi”, sospira Marco Revelli, storico e sociologo autore di libri come Controcanto e Sinistra destra, l’identità smarrita. Ecco, prima le inchieste sugli assessori dalemiani pugliesi, oggi altri amici di Massimo D’Alema che ammettono mazzette. Ma il presidente del Pd non dovrebbe dire qualcosa? Ormai è una questione che va al di là di D’Alema e investe tutto il Pd. Che va oltre le responsabilità dei singoli. Allora è vero che sono tutti uguali, tutti come Berlusconi? No, non esattamente. La differenza quantitativa è chiara. Emerge, però, una contiguità antropologica da parte di chi, invece, dovrebbe rappresentare l’alternativa, anzi, l’antitesi al berlusconismo. È una caratteristica che ormai attraversa in filigrana tutto il Pd. Ma se l’elettorato di Berlusconi quasi condivide queste scelte, bé… quello di centrosinistra no, non si rassegna. Dove nasce la questione morale del Pd? Ci sono gli episodi più esplicitamente scandalosi, come quelli rivelati dalle inchieste. Quella che si potrebbe dire la sindrome di Nenni, insomma di un partito che è stato nella stanza dei bottoni, che ha scoperto che la carne è debole. Ma non basta: ci sono anche comportamenti implicitamente scandalosi…. Quali, per esempio? Penso alle pratiche affaristiche delle cooperative, nate con il fine sublime di aiutare le classi deboli. Invece oggi partecipano alla realizzazione della Tav in conflitto con un popolo, a Sud lavorano gomito a gomito con imprese in odore di mafia. Insomma, un conflitto frontale con i valori delle origini. Non ci sono soltanto i comportamenti di rilievo penale, ma anche implicazioni morali. E rivelano un cambiamento antropologico profondo. È nata la sinistra che fa affari? C’è una commistione stretta tra politica ed economia. Di più, c’è una crisi di autonomia della politica che porta a dire: se non hai una banca non conti niente…. Povero Fassino, quanto sconterà quell’intercettazione (“Abbiamo una banca”)… La politica è stata assorbita dalla sfera economica. Non solo: il capitalismo è sempre più fortemente innervato di criminalità. È un male italiano? No, direi in tutto l’Occidente. In che cosa siamo diversi? Per opporti devi essere anti-sistema. Per farlo è necessaria una forte consapevolezza di quello che sei. Ma se abbiamo smarrito la coscienza di noi stessi, allora vale la logica dell’utile. Ma il Pd perché non reagisce agli scandali? C’è una totale mancanza di riprovazione. Da parte di tutti. A cominciare dai compari di partito che tacciono. Ci sono più pentiti nella criminalità organizzata che nella politica. E poi anche i media tacciono, giornali e televisioni fanno quasi tutti riferimento a poteri economici. E alla fine l’impunità diventa legittimazione. Che cosa resta della “diversità della sinistra”? Una delle cause di questa corruzione diffusa è un residuo marcito della cultura leninista. Di quando si diceva che nell’interesse del partito si potevano fare patti col diavolo: il fine giustifica i mezzi... Oggi si sono persi i fini, resta il rapporto con i cattivi mezzi. Il Pd è in tempo per cambiare? Dovrebbe cambiare nonostante se stesso. È un partito che non ha una base culturale comune, è una somma di elementi che per stare insieme devono cancellare la propria identità. Invece la forza nasce dalla sintesi delle diverse anime. Che cosa succederà quando Berlusconi uscirà di scena? Con l’implosione del centrodestra anche il Pd andrà in pezzi. Il primo segno sono stati i referendum e la vittoria di movimenti e comitati? Il post-referendum dimostra che i partiti non hanno capito nulla. C’è il patetico tentativo del Pd di cavalcare la vittoria del Sì quando all’inizio aveva indicato risposte diverse. No, non ha vinto il Bersani delle privatizzazioni, ma quello di Crozza, dello smacchiare i leopardi. Ma torniamo all’inizio: che cosa dovrebbero dire D’Alema e Bersani sulle mazzette dei loro amici? Io mi accontenterei di pochissimo. Che si dichiarassero pronti ad ascoltare. Un’esperienza che non fanno da decenni. Moretti nel 2003 in Piazza Navona disse: “Con questa classe dirigente non vinceremo mai”. Sono ancora tutti lì… Loro sono andati avanti. La nostra causa invece no. Ecco il paradosso che blocca l’Italia: gli scandali del centrosinistra tengono in piedi il Cavaliere. Vale, però, anche l’opposto: un personaggio come Berlusconi spinge la gente di centrosinistra a turarsi il naso. Anche se la questione morale per loro è essenziale. E SE UNO DENUNCIA E' FUORI