PERUGIA - Avevano come obiettivo anche di togliere la bandiera degli oppositori di Gheddafi dall'ambasciata libica di Roma e di cacciare con la forza il rappresentante diplomatico del governo di Bengasi i due giovani originari della Libia fermati nell'ambito di un'indagine della digos di Perugia e dell'ucigos coordinati dalla procura perugina. Provvedimento oggi non convalidato dal gip che comunque ha applicato loro, su richiesta dello stesso pm, la custodia cautelare in carcere per il reato di associazione per delinquere.

Quello al centro dell'inchiesta e' considerato dagli inquirenti un ristretto e collaudato gruppo filo Gheddafi, oltre una decina gli indagati, accusato di avere messo in atto violenze e minacce nei confronti degli oppositori del regime. Compiendo anche una sorta di attivita' di schedatura di questi ultimi. Il tutto per impedire a Perugia e in altre citta' italiane l'espandersi dell'influenza del Consiglio nazionale transitorio.

Il gruppo - in base alla ricostruzione di digos e ucigos - riceveva finanziamenti e telefoni cellulari dalla Libia ed era in contatto con membri dei servizi di sicurezza del rais. Da quel Paese sarebbe stata quindi ''dettata la linea'' da seguire in Italia.

Dalle intercettazioni telefoniche (nelle quali e' stato anche utilizzato un linguaggio in codice) e' emerso che nella notte di domenica i libici stavano organizzando una irruzione violenta nell'ambasciata. Un piano - secondo il gip - stabilito nel dettaglio e al quale dovevano partecipare piu' persone, oltre ai due fermati, di 21 e 33 anni.

In particolare i due ora in carcere, che nell'interrogatorio di oggi si sono avvalsi della facolta' di non rispondere, avevano svolto una sorta di sopralluogo per osservare le misure di sicurezza. Azione che per gli inquirenti era ormai in fase avanzatissima di preparazione. E che l'intervento della polizia coordinata dal sostituto procuratore di Perugia Giuliano Mignini ha neutralizzato. Un'indagine comunque ancora in corso e seguita anche dal procuratore capo Giacomo Fumu.

In fase di convalida dei fermi il gip ha pero' ritenuto che i due libici avessero partecipato alla presunta organizzazione per delinquere ma non, allo stato attuale degli accertamenti, con un ruolo di promotori come ipotizzato dagli inquirenti. Il giudice ha comunque ritenuto che sussistano i gravi indizi di colpevolezza nei confronti dei due indagati e che a loro carico ricorrano le esigenze di custodia cautelare in carcere.
 

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