Sinistra: lavori che non finiscono mai
Ho partecipato, in veste di uditore, al dibattito tra partiti e movimenti della sinistra “Lavori in corso a sinistra”, organizzato venerdì scorso a Roma dall’area Essere Comunisti di Rifondazione. Devo dire che, pur giudicando generosa l’iniziativa e buona la sua riuscita, non condivido l’ottimismo che ne ha caratterizzato alcuni resoconti e commenti. Mi è sembrata la riedizione di discussioni già viste, al termine delle quali, al di là delle belle intenzioni e dei buoni proponimenti di comprensione e unità, ciascuna delle forze in campo prosegue imperterrita per la sua strada, confortata, in questo caso, da analisi interessate o compiacenti (verso se stessi) dei risultati elettorali.
Continuo a non condividere (poiché in quella sede sono state riproposte e confermate) le due principali “strategie” (le altre mi sembrano, sinceramente, non degne di menzione) che si confrontano a sinistra: quella di Sel da una parte e quella della Federazione della sinistra dall’altra. Nell’una c’è troppo governo, nell’altra niente.
Sel si propone (pur nell’ambito di una discussione interna i cui esiti vedremo) sostanzialmente di “conquistare” il PD e di farlo attraverso le primarie e un candidato la cui forza carismatica “scombinerebbe” gli equilibri interni a quel partito. A me questa pare una grande illusione! Anche ammesso che Vendola possa vincere (l’Italia non è la Puglia), come farà a cambiare la cultura di quel partito? E non sarà , invece, lui ad essere “fagocitato” (guardate Obama in America!) da quella cultura politica moderata che su punti essenziali (la guerra, i diritti civili, l’economia e il lavoro) è lontana anni luce dalle idee della sinistra a cui Vendola ha fatto sempre riferimento?
Però anche la Federazione della sinistra, guardando al voto, si dice solo una mezza verità. Parla di Federazione premiata in “coalizioni credibili”. Omette, a mio giudizio, di dire che la sinistra vince quando si presenta come forza unitaria e di governo e scompare quando si presenta sola contro tutti.
Il dato di Torino è inequivocabile e non può essere annacquato in un contesto generale. Quando il candidato alternativo al marchionnanio Fassino non arriva a prendere nemmeno (scusate l’iperbole) i voti del no al referendum Fiat, vuol dire che c’è stata una valutazione sbagliata, sulla quale bisogna riflettere. Evidentemente gli operai hanno pensato che se perdeva Fassino, il candidato vincente sarebbe stato comunque peggiore di lui.
Una forza operaia deve tenere conto del parere degli operai!
Il voto attesta in modo altresì inequivocabile che l’elettorato della sinistra vuole che la conflittualità col PD non cessi, ma sia giocata nell’ambito di un rapporto unitario.
In conclusione e in sostanza il pericolo che mi è parso emergere in maniera evidente dal dibattito “romano” è che ciascuna delle due principali forze della sinistra si senta (a torto) incoraggiata dal risultato elettorale a mantenere le proprie convinzioni e perpetuare una insensata diaspora politica, mantenendo nello sconforto e nella rassegnazione tutti coloro che pensano che la sinistra vince se è unita e dotata di piattaforme alternative e forti, ma anche realistiche e credibili.
Leonardo Caponi

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