Intervista di Claudio Sardo de Il Gazzettino

«Le città vengono prima del governo nazionale. Sbaglieremmo a cambiare l`asse della nostra campagna elettorale. Anche perché la crisi del centrodestra ha nella dimensione amministrativa una sua rilevante specificità».

Pier Luigi Bersani tenacemente rivendica la vittoria «al centrosinistra e al Pd». Ma non lega le dimissioni del governo all`appuntamento elettorale.

«Le ho chieste tante volte. Abbiamo anche presentato una mozione di sfiducia. È più di un anno che il governo Pdl-Lega non esiste. Prima Berlusconi lascia, meglio è per il Paese. Ma i cittadini devono essere liberi di votare per i loro sindaci. Le sfide delle città non vanno sovraccaricate con ricatti politici. Ci vuole rispetto».

Anche il Pd però ha scritto sui manifesti "Per la tua città, per il nostro Paese". E comprensibile che lei non voglia ora alterare il clima dei primo turno. Ma la valenza politica di questo scossone è sotto gli occhi di tutti.

«Figurarsi se sono io a negarlo? Semplicemente non voglio prestarmi al gioco di ridurre l`inversione di tendenza alle solite letture politiciste. Dove il centrodestra ha subito una pesante sconfitta, a cominciare da Milano, c`è innanzitutto un fallimento amministrativo. Direi di più: sta entrando in crisi un modello che in misura crescente privilegiava l`interesse politico e la riproduzione del consenso rispetto ai caratteri universalistici dell`amministrazione. Quando si governa una città, bisogna farlo per tutti. Eliminando, riducendo le sudditanze politiche. Questa è la chiave civica che il centrosinistra deve far propria. Perché da quella tendenza regressiva, molto più accentuata nel centrodestra e nella Lega, nessuno comunque è immune».

È chiaro che lei ora vuole dare priorità ai ballottaggi. Ma la legislatura potrà sopravvivere alla doppia flessione di Pdl e Lega?

«È improbabile che in queste condizioni il governo arrivi al 2013. L`ho detto prima delle amministrative. Tutto sarebbe meglio del governo Berlusconi. La cosa più probabile dopo una crisi, tuttavia, sarebbero le elezioni anticipate».

Non potrebbe la Lega chiedere a Berlusconi di lasciare Palazzo Chigi a Tremonti?

«L`ipotesi Tremonti poggiava su due piedistalli, il Pdl e la Lega. Ammesso e non concesso che Berlusconi voglia cedere il passo, resta il fatto che si sono notevolmente indeboliti entrambi i sostegni. Per questo l`ipotesi mi sembra più debole. E la sofferenza della Lega molto profonda».

Anche lei, come Fassino, chiede a Bossi di lasciare questa destra?

«Il nostro non è un appello alla Lega, ma al contrario è una sfida. Non consentiremo al Carroccio di stare con un piede in due scarpe. Non può farsi paladino del federalismo e imporre tasse aggiuntive ai Comuni. Non può invocare la legalità e votare le leggi ad personam di Berlusconi. Bossi ha subito una sconfitta da lui inattesa. È finito il tempo della doppia verità leghista: in Lombardia si dice una cosa e a Roma si fa il contrario. Devono scegliere».

Il dibattito parlamentare sull`aumento dei sottosegretari diventerà un`impegnativa verifica di governo?

«Nulla è scontato. L`idea di puntellare con Scilipoti il governo minoritario Pdl-Lega è drammaticamente insensata per un Paese che ha bisogno di crescere di più e di ridurre le fratture sociali. Penso che non convenga neppure al Pdl continuare a nascondere la realtà. Le sconfitte della maggioranza oggi alla Camera, compreso il rinvio della legge sul biotestamento, sono la prova di una fragilità ormai insostenibile».

Se Berlusconi ha perso, anche il Pd però ha diversi problemi. Tanto per cominciare deve vedersela con una crescita dei radicalismi a sinistra.

«Non vedo in nessun modo un`ipoteca dei radicalismi sul risultato. Il centrosinistra ha vinto le elezioni. E il Pd si è rafforzato sia nei numeri che nel suo ruolo centrale. È nettamente il primo partito al Nord. In molti casi sopperisce anche ai risultati deludenti degli alleati. Dei 35 candidati presidenti di Provincia e sindaci di Comuni capoluogo, in cui il centrosinistra vince o va al ballottaggio, 28 sono candidati del Pd. Poi ci sono i problemi, è vero. Ma si affrontano meglio quando si vince».

Il problema maggiore è che l`alternativa di governo non è ancora in campo. Non le pare che i risultati del Terzo Polo da un lato e le spinte a sinistra dall`altro rischiano di renderla ancora più complicata?

«L`alternativa ora è più vicina. Perché l`indicazione elettorale è stata forte e, dopo molto tempo, i voti del centrosinistra superano quelli del centrodestra. Se poi consideriamo l`arco più vasto di elettori che vuole aprire una stagione nuova, allora la forbice diventa molto grande».

Ma solo il Pd vuole tenere insieme il Terzo Polo e alcune forze radicali della sinistra. E i vostri inviti in genere vengono respinti o dagli uni o dagli altri. Il risultato elettorale non fa crescere la tentazione di autosufficienza nel centrosinistra?

«La nostra scelta strategica è unire le forze della ricostruzione. Non accetto che venga ridotta a tattica elettorale o a un mero gioco di alleanze. È una strategia di lungo periodo, perché affrontare la crisi e uscire dal berlusconismo richiederà un impegno decennale di carattere costituente. Il Pd lavorerà per questo, per tenere insieme i progressisti e i moderati attorno a riforme cruciali e concrete. E rilanceremo il nostro messaggio, anche se qualcuno dirà di no. Cercheremo di convincerlo, e se non arriveranno soggetti politici, arriveranno gli elettori. Credo che il Pd sia stato premiato anche per questo messaggio di unità».

Non vede il pericolo di riprodurre in forme nuove l`Unione del 2006?

«L`Unione non si ripeterà. Il programma sarà composto di punti di governo esigibili. E la disciplina repubblicana della coalizione dovrà avere criteri stringenti, coerenti con lo spirito di ricostruzione».

Intanto avete la grana di Napoli da risolvere. Farete l`accordo con de Magistris, anche se lui continua a lanciare segnali negativi al Pd?

«Non solo a Napoli, ma anche a Grosseto, Cosenza, Rovigo e Chioggia, stiamo lavorando per ricomporre l`unità del centrosinistra. Il Pd è al servizio di questa unità e sosterrà comunque i candidati che possono sconfiggere il centrodestra. Non ci saranno negoziati preventivi sui posti: la regola è garantire a presidenti e sindaci la più ampia libertà nelle scelte successive. A Napoli spetta innanzitutto a De Magistris decidere: mi auguro che scelga la soluzione che consenta il più forte coinvolgimento di tutto il centrosinistra nella campagna per il ballottaggio».

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