Ieri a Todi assemblea pubblica sul nucleare
Dopo la recente iniziativa su energie rinnovabili e fotovoltaico, si è tenuta ieri sera a Todi l’altrettanto attesa Assemblea pubblica sul nucleare. L’incontro, promosso dagli Ecologisti democratici della Media Valle del Tevere e dai Giovani democratici di Todi, è stato voluto dagli organizzatori “per approfondire - come ha esordito Simone Mattia Berrettoni, Segretario dei Giovani democratici di Todi - le criticità legate al nucleare, tanto nei rischi quanto nei costi”. Un confronto molto atteso da cittadini e addetti ai lavori, a giudicare dal numero dei presenti in sala, interessati a raccogliere informazioni in vista del referendum del 12 e 13 giugno.
“Gli Ecologisti democratici – ha proseguito Maurizio Staffa, Coordinatore regionale Ecodem – sono contrari alla costruzione di centrali nucleari per la produzione di energia perché si tratta di una soluzione non applicabile al nostro territorio, densamente popolato e sismico. Con il risparmio energetico, l’efficienza energetica e le energie rinnovabili possiamo tranquillamente colmare il fabbisogno energetico nazionale purché il nostro Paese sappia ripensare il proprio futuro guardando lontano, con progetti a lungo termine incentrati sulla produzione di energia da fonti rinnovabili. Il nucleare non è economico e l’agenzia di rating Moody’s ce lo dimostra non attribuendo rating ai costruttori di centrali nucleari che, senza le garanzie degli Stati, sarebbero destinati al default”. Un approccio al nucleare quindi che, come più volte ribadito dai relatori e dal moderatore Pino Mazzoni, poggia su una cattiva informazione.
“I sostenitori del nucleare – ha sottolineato Andrea Vannini, Coordinatore Ecodem della Media Valle del Tevere – non dicono che una centrale che entrasse in funzione tra dieci anni potrebbe essere utilizzata solo per altri trenta in quanto la durata delle fonti che la alimentano è stimata in una quarantina di anni. Così come non dicono che la questione delle scorie radioattive è ben lontana dall’essere risolta e che il loro smaltimento rimane un problema serio e costoso. E’ importante che ognuno sia consapevole di cosa il nucleare comporta per potersi esprimere di conseguenza”. A seguire il contributo tecnico scientifico dei due esperti dell’Università di Perugia, Sergio Santini, docente di Chimica presso il dipartimento di Chimica ambientale e Renzo Campanella, docente di Fisica.
“Il progetto del Governo sul quale saremo chiamati a esprimerci il 12 e il 13 giugno - ha detto Santini - prevede la costruzione di quattro centrali di tipo Epr da 1.600 Mw. E’ bene sapere che questa tecnologia ha un’efficienza elettrica del 37%, cioè solo il 37% del calore che viene prodotto nella reazione si trasforma in energia elettrica, il resto se ne va in fumo con la grande quantità di acqua necessaria al raffreddamento. E’altrettanto importante sapere che di impianti Epr ad oggi nel mondo non ve ne è nemmeno uno in funzione. Ve ne è uno in costruzione dal 2002 in Finlandia che doveva costare 2,5 miliardi di euro e che nel 2009, anno in cui sarebbe dovuto entrare in funzione, ha visto lievitare i costi a 5,5 miliardi, che si stima saliranno a 8 nel 2013 quando, forse, la costruzione sarà completata. Ciò significa che il costo di 5,5 miliardi stimato dal Governo per ciascun impianto è destinato almeno a raddoppiare e che per finanziare i quattro reattori, in grado di coprire appena il 12% del fabbisogno nazionale, ci vorrà l’equivalente di due finanziarie”.
Un “no” al nucleare che, hanno convenuto i relatori, non è né pregiudiziale né ideologico ma è un “no” dettato dalla tecnologia attuale, che tuttavia può e deve essere migliorata continuando a fare ricerca sul nucleare di quarta generazione. “Ad oggi – ha detto Campanella – rimangono aperte questioni e rischi che, irresponsabilmente, lasceremmo alle generazioni future. Dati alla mano, i difetti di progettazione degli impianti nucleari sono frequenti e si tende a superarli con una messa in sicurezza in itinere che, come incidenti e disastri ci dimostrano, può anche non funzionare. Con quali conseguenze sulla salute delle persone? Gli studi sulle popolazioni colpite si basano purtroppo su piccoli campioni.
Ciò a causa dell’onerosità, che è pur sempre poca cosa rispetto agli stanziamenti previsti per la costruzione degli impianti, delle indagini epidemiologiche su larga scala. Il problema è che l’incompletezza dei dati consente, a chi a interesse a minimizzare il problema, di dire che non c’è evidenza di prove. Cosa dire, infine, del fatto che il Governo ci prospetta, testualmente, stress test di sicurezza molto elevati ed economicamente sostenibili? Ciò significa che i test si faranno solo se saranno sostenibili dal punto di vista economico”. Tanto dai relatori quanto dagli interventi di alcune persone presenti in sala, l’invito è stato innanzitutto quello ad andare a votare affinché venga raggiunto il quorum e poi a esprimere il proprio “si” per l’abrogazione dell’attuale normativa.

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