La politica ha a volte dei silenzi inquietanti che spesso sfuggono ad ogni tentativo di logica considerazione, così che potrebbe risultare inutile perfino domandarsi perché accadano e cosa significano, ma in ognuno di noi, cioè in coloro che si pongono il problema il dubbio resta e secondo le rispettive sensibilità può essere più o meno capace di influenzare atteggiamenti e giudizi. A Roma, ma anche in Umbria come in altre città italiane, la settimana scorsa si è manifestato contro un mostro che sta divorando il futuro del nostro Paese, perché divora la speranza dei giovani, e la speranza dei giovani non è altro che la speranza del Paese e se questa viene umiliata, disconosciuta, emarginata e infine distrutta è tutto il Paese che ne subisce le tragiche conseguenze. Il mostro ha un nome: PRECARIETA’ che è la condizione di chi è precario e dove precario significa instabile, temporaneo, incerto e riferito alla condizione di lavoro significa nessuna garanzia di stabilità.

Le manifestazioni contro il mostro che sta divorando la speranza del Paese, sono state promosse dai giovani della CGIL e dal comitato “Il nostro tempo adesso”, parola d’ordine che la dice lunga in merito all’esasperazione giovanile che pare non trovare il giusto riscontro da parte della politica, nemmeno in una sinistra distratta da quelli che pure erano suoi tradizionali valori e tantomeno in una destra egoista e ormai lontana dal mito della giovinezza, che pure ne aveva caratterizzato i tratti per lunghi anni . Così oggi la precarietà sta ai giovani come l’aria agli uccelli o l’acqua ai pesci, è cioè diventata la “condizione” giovanile per eccellenza e quello che è più raccapricciante è l’adeguamento della politica a questo intollerabile stato di cose.

Ovviamente ci sono dei comportamenti diversi fra sinistra e destra, come è normale che sia, ma in sostanza il problema non viene affrontato più in là della denuncia, ovvero non ci sono all’orizzonte in questo momento azioni tali da far pensare ad iniziative dinamiche nei confronti del superamento o almeno dell’alleggerimento della situazione. Così il mostro prospera, si ingrassa, diventa sempre più vorace nella sua opera di distruzione, nel suo ventre vorace si putrefanno capacità, anni di studi proficui, professionalità, volontà, intelligenze, insomma il mostro si ciba proprio di ciò che appartiene al futuro di una nazione,o almeno di un luogo che si consideri tale.

E il silenzio della politica o se non vogliamo proprio parlare di silenzio parliamo di voce sommessa, alimenta la sfiducia, così che i media hanno potuto far notare, utilizzando ovviamente diversi toni a secondo del loro schieramento, che le manifestazioni indette sia in periferia che a Roma, dove si è svolta quella nazionale, non erano “molto frequentate” o comunque non lo sono state rispetto alle aspettative. I giudizi dei commentatori sono stati i più vari, si è passati dall’ironia, all’indignazione, all’indifferenza, alla faziosità, ma comunque un dato di fatto resta ed è quello che dovrebbe far indignare un Paese che ormai ( e lo dicono in molti) non è più capace di farlo, e questo non è un bene per la democrazia e non lo è tantomeno per quei giovani che con ogni mezzo si sono recati a manifestare la loro rabbia e il loro scontento contro chi gli sta divorando il futuro.

Non se ne parla ormai più, quella manifestazione , quel grido, è passato quasi inosservato, e il successivo silenzio non è altro che un colpevole imbarazzo da parte della politica e dei politici che pure dovrebbero avere il problema in evidenza nella propria agenda. Il problema per la nostra democrazia non è soltanto Silvio Berlusconi è anche la convivenza con questo mostro che si chiama PRECARIETA’, con il quale dovrebbe essere impossibile ogni tipo di convivenza, a partire da quella politica almeno a sinistra.


GIAN FILIPPO DELLA CROCE
 

Condividi