di Gian Filippo Della Croce

E’ stata una iniziativa spontanea quella che ha riunito sabato scorso a Todi nelle sale del palazzo del Vignola uomini e donne che per le loro attitudini, per il loro impegno, per la loro passione, possono essere definiti “operatori della cultura” nelle sue varie articolazioni. Gente all’apparenza normale ma al loro interno bruciati dal quel “fuoco” che contraddistingue l’artista e che li porta ad impegnarsi spesso anche sopra le loro forze per portare a termine “l’opera”.

Spesso non sanno nemmeno bene perchè lo fanno, dal momento che in una società dominata dall’economicismo, fare qualcosa senza avere come obiettivo immediato il profitto è quasi scandaloso e nello stesso tempo pone ai margini della società capitalista chi si esibisce in questa assurda pratica. Gente ai margini dunque, ma fiera della propria essenza e della propria missione, sia essa capace o meno di generare quell’immediato profitto che oggi viene richiesto a qualsiasi attività.

Erano lì nella sala, autoconvocati attraverso le nuove tecnologie che permettono addirittura, come oggi le rivoluzioni del Maghreb dimostrano, che Internet può cambiare il mondo e non solo a parole, desiderosi di comunicarsi le proprie angosce, i propri desideri, le proprie speranze, di dirsi sorridendo “ come ti va?” “Hai venduto qualche quadro?”, “ti hanno pubblicato qualcosa?”, “ hai fatto qualche mostra?”. Un popolo appassionato ma nello stesso tempo mansueto, riflessivo sulla propria condizione in un paese dove il ministro del bilancio ha appena detto “con la cultura non si mangia….” che ha immediatamente significato meno risorse per le attività culturali, per le istituzioni culturali, per le associazioni culturali e per tutto ciò che alla cultura e alle sue attività minimamente si ispiri e a cascata ha significato tagli ai bilanci degli assessorati competenti da parte di Comuni, Province e Regioni. Si domandavano quegli uomini e quelle donne riuniti al Vignola che futuro potessero avere le loro attività di fronte a questa realtà dura e incredibile che li emargina ancora di più, in questa direzione in quella sala si sono fatte riflessioni numerose e diverse, ma tutte convergenti su un unico obiettivo “che fare per salvare la cultura e le sue attività?”.

Era una domanda che nello stesso momento si ponevano altri italiani come loro in varie piazze d’Italia per presentare gli stessi interrogativi, manifestare la loro incredulità e la loro rabbia nei confronti di chi, in questo caso il Governo in carica, ha deciso di “rubarci il pensiero”, come dice l’ultima bella canzone di Vecchioni. In Umbria non ci sono state piazze per la cultura, così l’autoconvocazione di Todi ha riempito quel vuoto che è anche una necessità, quella di far sentire la propria voce al Governo, ma anche la propria disponibilità a quelle istituzioni a “chilometri zero” che sono i Comuni, le Province, le Regioni.

A quelle istituzioni che affrontando la tempesta dei tagli governativi alle risorse disponibili non debbono essere minimamente tentati dal pensiero Tremontiano “ con la cultura non si mangia…”, ma debbono dimostrare di pensare in modo diverso, debbono e possono farlo perché in questo non saranno soli perché gli uomini e le donne riuniti al Vignola saranno al loro fianco con le idee, l’impegno, la passione di cui sono capaci. In una situazione di emergenza è sempre bene avere le maggiori forze disponibili per affrontarla, sul fronte della cultura le forze ci sono, si sono autoconvocate, sono pronte a un confronto serio e oggettivo sulle prospettive possibili. Per una volta la politica abbandoni la sua attuale e rovinosa autoreferenzialità e ascolti, sicuramente se saprà farlo avrà tutto da guadagnarci, in caso contrario avrà vinto chi “vuole rubarci il pensiero”, come canta Vecchioni.

 

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