L’inno nazionale, meglio conosciuto come Inno di Mameli, ha dei versi semplici, perché semplice era l’animo di chi li scrisse : Goffredo Mameli, un giovane patriota caduto nell’eroica difesa della Repubblica Romana nel 1848,i versi ridondano di un entusiasmo giovanile, epico e disperato, evocano antiche e gloriose gesta italiche, ma sono soprattutto semplici da imparare a memoria e da cantare. Il paradosso sta proprio qui, un inno semplice ed epico ma che fino a quando l’ex Presidente Ciampi non lo impose all’attenzione di scuole, istituzioni e media non erano molti quelli che lo avevano ben presente. Da ultimo Roberto Benigni lo ha splendidamente interpretato televisivamente riaccendendo l’entusiasmo e l’interesse del popolo televisivo, cioè della maggior parte degli italiani.

E’ un inno pieno di speranza quello di Mameli, la speranza che un popolo e soprattutto un paese come l’Italia si svegliassero per rivendicare la loro libertà. “l’Italia s’è desta…” è infatti l’incipit del poema che in parole povere significa “Italia svegliati! “, perché Goffredo Mameli vedeva intorno a se un paese e un popolo divisi e derisi, ma soprattutto inerti, addormentati nelle menti e nelle coscienze che il Risorgimento soltanto in parte, in piccola parte riuscì veramente a destare, perché allora come oggi la capacità di indignazione degli italiani era scarsa.

A 150 anni dalla proclamazione dell’Unità da parte di un re che si era trovato senza cercarlo il titolo di “padre della Patria”, l’Italia, oggi Repubblica, si è veramente destata come invocava il giovane patriota? A questo punto è doveroso ricordare che da Mameli in poi, nel corso di questo secolo e mezzo di “sonni” l’Italia se n’è fatti parecchi: sonni della ragione e della coscienza, quegli stessi sonni che Mameli invocava finissero una volta per tutte e l’Italia si svegliasse una volta per tutte. Un “grande sonno” ci fu non molto tempo fa, un sonno che durò venti lunghi anni dal quale gli italiani si svegliarono soltanto sotto i bombardamenti anglo-americani e ci fu un altro sonno, fortunatamente più breve nei cosiddetti “anni di piombo” e ce ne sono stati altri, magari “pennichelle”, ma comunque capaci di assopire quelle coscienze e quelle menti che Mameli esortava ad essere libere.

La “pennichella” in Italia è sempre piaciuta, ma come tutti sanno può presentare un inconveniente, cioè che quando ti addormenti non sai mai quando ti svegli, almeno che lo faccia qualcun altro per te, così un sonnellino rischia sempre di diventare un bel sonno con tanto di sogni o di incubi, dipende da quel che si mangia. E oggi a che punto siamo? L’Italia è desta o sta facendo uno dei suoi tanti sonnellini? E’ capace di vedere quello che sta succedendo in un paese sempre più pieno di disoccupati e precari, di insegnanti malpagati e precari, di medici obiettori, di risparmiatori sempre più senza risparmio, di talenti emarginati o migranti, di donne ancora lontane da una vera parità, di cassintegrati, tanto per citare alcune delle ragioni che invece dovrebbero tenerci svegli? Ma la politica e il lavoro dei politici contribuiscono a farci tenere gli occhi aperti? Pare di no, pare che la politica oggi si sia addormentata anche lei e dalla durata del sonno non sembra proprio una “pennichella”, soprattutto a sinistra.

Naturalmente quando parliamo di politica, intendiamo la politica eletta dai cittadini a rappresentarli, che in democrazia dovrebbe essere addirittura la loro voce, ma nel sonno la voce non serve, semmai si russa o si brontola senza farsi capire. Ovviamente l’Umbria non fa eccezione, anche qui la “pennica” è di uso comune e la politica ne approfitta ben volentieri. Caro generoso Goffredo, l’Italia non si è ancora destata come auspicavi tu, sonnecchia davanti agli schermi televisivi dove impazzano le immagini delle notti di Arcore e delle loro protagoniste e dove impazza lui, il Cavaliere, che in questo momento è sicuramente il più sveglio di tutti.
GIAN FILIPPO DELLA CROCE

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