Quello che non fa l'Italia facciamolo noi italiani
di Paolo Felici -
La vita è un rischio, ma non per questo non vale la pena di essere vissuta. Chiudersi nel pensiero vagamente razzista in cui la spinta democratica delle popolazioni arabe debba essere vista con sospetto, come proveniente da persone incapaci, culturalmente non meritevoli, rivela tutta la nostra paura, il protezionismo integralista, il nostro intorpidimento. Un'Italia che piuttosto di incoraggiare un popolo che sta vedendo il suo riscatto, che urla "libertà" in piazza, risvegliando i nostri tempi migliori, ha paura dei risvolti economici, delle ondate di profughi, dell'altrui ricerca di benessere che nuoce al nostro, più antico, più consolidato.
Una brutta figura europea, Paesi che hanno dimenticato il loro momento illuminista, la grazia che li ha portati al comando del loro destino. Dimenticare la libertà è una brutta cosa; è come seppellire un figlio, la cosa più preziosa. Una brutta figura ha fatto chi ha mostrato tanta freddezza per affermare titubante che gli aiuti saranno su base volontaria, cedendo al pensiero comune, alla paura generale. Non vedo più l'Europa, siamo europei? Non vedo l'Italia, ma siamo italiani, quel popolo che sopporta, fa finta di niente, ma ha sempre in testa la parola "fa la cosa giusta". Alla fine verrà fuori, come quando fummo partigiani, come quando i contadini sbottarono, a scapito della propria vita e della propria famiglia, ad aiutarli.
Ma che bella considerazione quella fatta da Gramellini durante la puntata di "che tempo che fa" di Fazio di due sabati fa.
Tutto si racchiude in una frase, in quanto detto da una cittadina comune, un'italiana, una di quelle che va a letto ogni sera con il magone, dopo aver subito l'informazione quotidiana. Già l'immagino quando si prepara la sera, prima di consegnarsi alla notte, quando si guarda allo specchio sperando in una reazione, nella sua, prima di tutto.
Cara Chiara Rivetti, anch'io sono d'accordo con lei, anch'io sono pronto a sentirmi raccontare le storie di libertà, che possano risvegliare le mie, ormai giacenti nel retaggio, in un dna un po' scontato.
C'è aria di festa, ci dice la cronista dalla Libia, nelle aree liberate. Qualcuno viene al suo microfono per rispondere alle domande mai fatte da noi europei, per urlare: “voi avete avuto la democrazia, perché non possiamo averla anche noi?”
Per capire che Gheddafi fosse un dittatore non c'era bisogno di aspettare che bombardasse i manifestanti. La libertà, anche la nostra, ha bisogno di essere alimentata. Ci chiama a vivere come una squadra da calcio che gioca all'attacco, anche quando vince. La libertà chiama altri valori, è una specie di fiore, il risultato di buona terra, fertilizzante, acqua, sole e vita. Così, come ci dice Gramellini, “i cambiamenti sono la vita, e il modo migliore per scongiurare le invasioni e i califfati consiste nello schierarsi a fianco dei ragazzi arabi in lotta per la libertà. Per aiutarli a ottenerla dai tiranni, oggi, e a difenderla dai fanatici, domani.” Del resto, oggi, la libertà ha bisogno di essere difesa globalmente, insieme, con scelte economiche ed energetiche che tengano conto del suolo comune in cui viviamo, del pianeta che ci ospita.
La vita è un rischio, ma vale la pena di essere vissuta, anche solo per conoscere la libertà, per conquistarla o per difenderla. E' una questione che ha a che fare con l'infinito che c'è dentro di noi, un'umanità che si può esprimere anche nella difesa di questi valori.
Talvolta penso a come spiegare tutto questo ai miei figli. Compongo un progetto in testa, vado per aprire bocca, mi trattengo. Ho in mente troppe parole, non servono. Loro conoscono già il significato, in quanto, così piccoli, non fanno differenze. Dovrò solo insegnargli a fare sempre la cosa giusta, quella di scegliere sempre la libertà, come seguire un binario che può sconfinare in ogni parte, nel rispetto delle regole, degli altri, del pianeta; come gli italiani hanno sempre insegnato ai loro figli. Pertanto, sono d'accordo con lei, cara Chiara Rivetti: “Quello che non fa l'Italia, facciamolo noi italiani.”




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