Merloni/ I presidenti di Umbria e Marche hanno incontrato l’azienda cinese
PERUGIA - "Abbiamo registrato una forte determinazione della Nanchang a chiudere l'operazione in tempi rapidi, conformemente alle richieste avanzate dai Commissari straordinari". E' quanto dichiarato i presidenti di Umbria e Marche, Catiuscia Marini e Gian Mario Spacca, al termine dell'incontro avuto oggi con il presidente della Nanchang Zerowatt Electronic Group, Deng Zuolong, a proposito del futuro del complesso industriale della 'Antonio Merloni'.
Ai presidenti la Nanchang Zerowatt, azienda di Stato che produce elettrodomestici del settore del bianco da circa 50 anni, ha assicurato che l'ipotesi di progetto industriale e' "finalizzata a mantenere e sviluppare la vocazione originaria delle produzioni del Gruppo e consistenti livelli occupazionali sia all'interno dell'azienda sia presso l'indotto". L'ipotesi progettuale, infatti, prevede che la produzione di elettrodomestici occupera' circa mille addetti mentre il settore ricerca, sviluppo prodotti e commerciale ne occupera' ulteriori 600. Infine e' prevista la realizzazione di un centro commerciale che occuperebbe ulteriori 100 unita'.
Zuolong, si legge in una nota, ha sottolineato "il carattere industriale dell'operazione escludendo qualsiasi altra finalita', anche di tipo speculativo, insistendo sulla lunga esperienza industriale della Nanchang Zerowatt".
"Il progetto industriale su cui l'azienda cinese sta lavorando - dichiarano Marini e Spacca - risulta molto ambizioso e teso a riqualificare un marchio e produzioni da posizionare ad un livello medio alto su scala europea. Si tratta di una sfida industriale su cui viene chiesto il supporto dello Stato, delle Regioni ed enti locali ma anche delle forze sociali e del sistema bancario".
"Abbiamo dato risposte per quello che ci compete ma su alcune questioni procedurali e sostanziali - aggiungono Spacca e Marini - le informazioni richieste potranno essere fornite solo dai commissari anche perche le Regioni non sono a conoscenza del piano industriale di dettaglio della Nanchang e i vincoli di riservatezza non consentono all'azienda di esplicitarlo. Peraltro, tenuto conto delle difficolta' linguistiche e logistiche, l'azienda cinese ha chiesto attenzione rispetto alle problematiche relative alla disponibilita' di tutte le informazioni necessarie per poter completare il piano industriale in tempi brevissimi. Da parte delle nostre Regioni - concludono i presidenti - e' stata formulata come priorita' assoluta la richiesta del massimo livello di salvaguardia dei livelli occupazionali da cui derivera' un corrispondente impegno di Regioni ed enti locali".

Sunday
06/03/11
14:55
Come noto, il valore di una azienda non si misura solo col suo valore patrimoniale.
Vi sono elementi molto più significativi, quali le conoscenze possedute dai suoi tecnici di ogni livello.
Provino i cinesi interessati all'acquisto ad organizzare produzioni elevate con le conoscenze e l'esperienza che possiedono ora.
Qui per un tozzo di pane si svendono conoscenze ultra decennali, come se tra qualche anno, avendo acquisito conoscenze e saperi, i cinesi non si disferanno ugualmente del “peso” della Merloni divenuta inutile per le loro strategie.
A mio parere, vendere ai Cinesi potrebbe essere una operazione miope che potrebbe ridursi alla sola trasposizione del problema senza risolverlo.
Del resto la riconversione delle produzioni della Merloni non è cosa facile in questo contesto globalizzato. O si tenta un miracolo riconvertendo le attuali produzioni rendendole tecnologicamente avanzate, con nuovi investimenti o si prende atto della situazione mondiale che richiede ridistribuzioni tra paesi ricchi e poveri che pone, tutte le imprese che operano a livelli internazionali, di fronte a nuovi scenari organizzativi.
Difficile competere nei prodotti a bassa tecnologia con chi riesce a produrli a bassissimi costi, disponendo di un costo del lavoro irrisorio rispetto al nostro. Quali prospettive per le imprese che hanno conoscenze, ma costi così alti da metterle fuori mercato? delocalizzare subito, creando problemi sociali, chiudere, spostare le produzioni verso prodotti ad alto contenuto tecnologico? allearsi col "nemico" costituendo società miste senza garanzie internazionali? Istituire nuove modalità di contratti che prevedano la partecipazione dei lavoratori agli utili (e alle perdite)? Quali le posizioni dei sindacati che vedano un po' più in là del pure importante problema di salvaguardare i posti di lavoro? La discussione é aperta.
Gc
Monday
07/03/11
12:05
Condivido la riflessione di Giampaolo Ceci, la crisi della Antonio Merloni era 'nell'aria' da oltre dieci anni. La vera sfida della politica e del sistema industriale, doveva (e deve essere) una solida e lungimirante strategia d'uscita dalle sabbie mobili in cui tutto il territorio appenninico umbro - marchigiano è suo malgrado costretto. Gli investimenti sul risparmio energetico e sulle altre politiche di economia sostenibile nei territori montani (non la sola green economy delle rinnovabili), come la mitigazione del rischio idrogeologico e la tutela degli ecosistemi ambientali, garantiscono il vero volano per la creazione di nuovi posti di lavoro qualificati. Le ennesime tragedie ambientali di questi giorni, testimoniano la nostra vulnerabilità e la conseguente impossibilità di programmare un vero e serio sviluppo dei territori, con la spada di Damocle del disastro in cui tutti viviamo.
Monday
07/03/11
12:05
Condivido la riflessione di Giampaolo Ceci, la crisi della Antonio Merloni era 'nell'aria' da oltre dieci anni. La vera sfida della politica e del sistema industriale, doveva (e deve essere) una solida e lungimirante strategia d'uscita dalle sabbie mobili in cui tutto il territorio appenninico umbro - marchigiano è suo malgrado costretto. Gli investimenti sul risparmio energetico e sulle altre politiche di economia sostenibile nei territori montani (non la sola green economy delle rinnovabili), come la mitigazione del rischio idrogeologico e la tutela degli ecosistemi ambientali, garantiscono il vero volano per la creazione di nuovi posti di lavoro qualificati. Le ennesime tragedie ambientali di questi giorni, testimoniano la nostra vulnerabilità e la conseguente impossibilità di programmare un vero e serio sviluppo dei territori, con la spada di Damocle del disastro in cui tutti viviamo.