Usb verso lo sciopero generale: «La crisi la paghino loro»
Intervista a Pierpaolo Leonardi – Unione sindacale di base
di Daniele Nalbone
«Non un momento di arrivo ma un’importante tappa di un percorso di mobilitazione che deve prevedere la saldatura tra gli interessi dei lavoratori e quelli di tutte le fasce sociali di popolazione colpite dalla crisi». Questo, secondo Pierpaolo Leonardi dell’esecutivo dell’Unione Sindacale di Base, l’obiettivo dell’11 marzo, giorno in cui lo sciopero generale indetto da Usb, Slai-Cobas, Unicobas e Snater si manifesterà per Roma con un corteo che partirà da piazza della Repubblica alle 9.30.
Sciopero generale. Due parole tanto attese, oggi, dalla “società in lotta”. Perché? E come vi state avvicinando a questa data?
Lo sciopero generale è un’esigenza che matura tra i lavoratori da condizioni materiali ma che in sé non ha nessuna proprietà taumaturgica. Per questo, come Usb, vediamo lo sciopero dell’11 marzo come un momento che rafforzerà le tantissime vertenze che abbiamo in corso. La parola d’ordine dell’11 marzo sarà “Uniamo le lotte, mettiamoli in crisi”: in questo concetto c’è tutta l’importanza che, nell’attuale scenario politico e sindacale, stanno rivestendo i soggetti sociali in conflitto. Quel giorno tutte le lotte in corso sul territorio nazionale dei sindacati di base che hanno indetto lo sciopero generale precipiteranno nella piazza di Roma dove speriamo di incontrare i conflitti “metropolitani”. È a questo che stiamo lavorando.
Le categorie “più calde” che gravitano attorno alla costruzione dello sciopero generale sono sicuramente il pubblico impiego e i metalmeccanici. Quanto, queste due realtà apparentemente così distanti, stanno riuscendo a contaminarsi? E quali sono le altre categorie maggiormente in fermento verso l’11 marzo?
Dimentichi il settore dei trasporti, in particolare quello degli autoferrotranvieri, che sta attraversando una stagione di lotta molto importante perché non parla soltanto di contratto, del “semplice” posto di lavoro, ma del concetto di mobilità: battersi “da lavoratori” contro i tagli regionali che stanno producendo vere catastrofi significa non solo lottare per evitare il licenziamento di migliaia di colleghi, ma per il miglioramento del servizio pubblico, in difesa dell’utenza, dei cittadini, contro le speculazioni che si vorrebbero fare sul settore dei trasporti. Sono vertenze come queste, insieme al Pubblico Impiego e ai metalmeccanici che stanno trascinando le altre vertenze meno “famose” verso l’11 marzo.
Gli studenti in mobilitazione, gli autoconvocati riunitisi in una grande assemblea sabato scorso a Roma, il primo marzo migrante, i precari, i movimenti in lotta. Più che di uno sciopero generale la fame è di “sciopero generalizzato”. La sensazione è che, oggi, non ci sia più lo spazio per uno sciopero di organizzazioni ma la necessità di arrivare ad uno sciopero “di movimento”...
Come Usb, fin dall’atto costituivo del nuovo soggetto sindacale abbiamo ragionato sulla base del “sindacato metropolitano” come punto di incontro dei soggetti che non si possono intercettare e organizzare sui luoghi di lavoro, dai precari ai senza casa fino ai migranti. È quindi nel nostro dna cercare di dare alle lotte caratteristiche generali, o meglio, generalizzate. Penso al lavoro fatto, in questi mesi, nel Lazio con il corteo del 25 novembre contro la Regione di Renata Polverini dove siamo scesi in piazza, in 10mila, insieme ai movimenti, ai migranti, ai comitati per l’acqua, ai precari. Penso al cartello Roma Bene Comune che il 19 febbraio ha portato 15mila persone in piazza a protestare contro gli Stati generali di Alemanno. Tutto ciò ha prodotto contaminazioni interessanti, da studiare come nuova forma di relazione tra movimento e sindacato. Questo per dire che siamo ben consapevoli che oggi lo sciopero generale non può che esser tale solo sa ha le caratteristiche di vera generalizzazione. Anzi, facciamo così: smettiamo proprio di parlare di fame di sciopero “generale” e parliamo immediatamente di sciopero “generalizzato”.
Il riferimento allo “sciopero generalizzato”, però, da una parte sembra far passare in secondo piano il temporeggiamento della Cgil sullo sciopero generale, dall’altra costringe tutte le organizzazioni sindacali a fare i conti con il fatto che la generalizzazione dello sciopero generale “non appartiene a nessuno”…
Credo che con questa richiesta di sciopero generale alla Cgil si sia fatta una grande rimozione di massa su quello che, strutturalmente, è proprio la Cgil: un’organizzazione sindacale concertativa, delle compatibilità e del dialogo sociale. Così, quando una parte dei movimenti chiede alla Cgil lo sciopero generale, implicitamente rivendica la collaborazione alla costruzione di un nuovo patto sociale che, comunque, avrà al suo centro la precarietà, magari nuove forme di ammortizzatori sociali, ma comunque nuovi tagli e nuove povertà. Detto questo, ben venga che pezzi di quel sindacato come la Fiom aprano al confronto con i movimenti, e viceversa. Attenzione, però, a non finire per sussumere i movimenti all’interno delle strutture più forti e organizzate: il rischio è che si ripeta quello che è successo con il Social Forum che perse sempre più autonomia nella stretta relazione con le strutture organizzate. In questo momento storico-politico in cui è necessaria una relazione stretta tra sindacati conflittuali e movimenti, è ancor più necessario che venga mantenuta, e rispettata, l’indipendenza tanto del sindacato, quanto dei movimenti.
Tratto da Liberazione del 3 marzo 2011

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