Il 14 febbraio a Terni è la festa di San Valentino, amato patrono della città e dell’amore, festa grande che prevede la presenza di centinaia di coppie di innamorati che per l’occasione vengono anche da altre parti d’Italia a fare “la promessa” presso la basilica del Santo.

Anche quest’anno sono venuti in molti tanto che il sagrato dove si svolge la cerimonia della “promessa” era strapieno e una giornata di sole mite aveva finalmente preso il posto della pioggia. Come previsto dalla liturgia l’omelia del vescovo ha concluso la cerimonia, ma quest’anno il vescovo di Terni Vincenzo Paglia che è anche presidente della Conferenza Episcopale Umbra, nonché padre spirituale della Comunità di S:Egidio di Roma, studioso dei vangeli ma anche esperto di politica ed economia, non ha parlato soltanto del tema dell’amore, caro al santo ternano, ma è andato più in là, molto più in là.

Citiamo alcuni fra i più interessanti passaggi: “….la città (cioè Terni) è come se stesse perdendo l’anima, indispensabile invece per rialzare subito la testa. Se non cresciamo cancelliamo già oggi il futuro nostro e dei nostri figli, stiamo rischiando di perdere il futuro….” E poi un affondo alla politica “ purtroppo sembra riemergere una mentalità chiusa, fatta di ricette vecchie e di progetti fragili, senza sostanza e gestita in una logica di compromesso…”

A seguire, lo stesso presule ha elencato con veemenza la qualità e la natura dei disagi che affliggono la città e una per una le situazioni di crisi del suo sistema economico e sociale, sottolineandone anche la decadenza culturale, che rende difficile lo sviluppo di nuove idee, talenti, potenzialità. Parole forti, parole dure, adeguate alla cruda realtà che sta vivendo la sua diocesi, per sottolineare la quale il vescovo non è andato tanto per il sottile, formulando un pesante interrogativo “ ….c’è ancora spazio per Terni in Umbria?” La presidente Marini seduta in prima fila, fra le autorità, non ha certamente gradito, ma ultimamente monsignor Paglia pare non avere più peli sulla lingua ne timori reverenziali. Una frase ad effetto proveniente dal mondo del cinema con un vago referente sportivo dice “quando il gioco si fa duro, i duri entrano in campo…” quindi l’intervento di Paglia potrebbe avere proprio questo significato: il gioco si è fatto veramente duro e i duri debbono entrare in campo, per cercare di raddrizzare le sorti della partita.

Che il futuro di questa città sia ormai in gioco è sotto gli occhi di tutti, a partire da quelli dei politici sia che questi ultimi abbiano dirette responsabilità amministrative o meno e la partita per il futuro si può tentare di vincerla soltanto con la grinta, la determinazione, la capacità di gareggiare per ottenere un solo risultato: costruire un futuro per questa città, consolidando quel poco che è rimasto e costruendo quel nuovo che manca e che non può mancare ancora per molto.

La politica in sintesi dovrebbe trarre le dovute conclusioni dalla provocazione del monsignore, inusitata e inaspettata nel clima d’amore della festa valentiniana, che ha non poco sorpreso anche chi era venuto a Terni per ascoltare ben altre parole. Ma era l’occasione giusta, secondo il vescovo, perché aveva davanti a lui, oltre alle coppie di innamorati, molti esponenti della politica umbra che conta, a partire dalla presidente della Regione e da uomo pragmatico qual è non si è lasciato sfuggire l’occasione e non crediamo di offendere il nostro spirito laico se diciamo che ha fatto bene.

Certo l’espressione sulla permanenza di Terni in Umbria è un po’ “forte”, ma se il fine era quello di svegliare il sonno della politica può essere accettata come una sferzata di orgoglio alla classe dirigente locale,(non soltanto politica), che in tempi difficili come quelli che stiamo vivendo continua a guardarsi l’ombelico, mentre una intera comunità rischia non solo di perdere la propria identità ma anche la speranza di trovarne una nuova. “ c’è ancora posto per Terni in Umbria….?”

Può essere considerata certamente una frase ad effetto che riecheggia vecchi e nuovi campanilismi, ma è anche quello che pensano in molti, magari come ultima spiaggia di fronte all’inconsistenza di una classe dirigente onesta ma inadeguata alle sfide del presente e tanto meno a quelle del futuro. Il 150° anniversario dell’unità d’Italia, tra le altre cose degne di nota ci porta anche a riflettere sull’assetto territoriale del Paese in chiave di sviluppo economico e culturale, una riflessione che in un contesto critico come quello che sta vivendo Terni potrebbe risultare non peregrina .

 

GIAN FILIPPO DELLA CROCE
 

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