ROMA - Il 12 febbraio 2011 il giudice del lavoro ha smontato il teorema Marchionne sanzionando l’antisindacalità del comportamento della linea aerea: “Non conta la firma del contratto per poter convocare assemblee”.
Se la sentenza che ha colpito il vettore di bandiera nazionale, Alitalia, fosse applicata anche alla Fiat e ai casi Pomigliano e Mirafiori, sarebbe una durissima sconfitta della linea inaugurata dall’Ad del Lingotto Sergio Marchionne ed una vittoria per i sindacati, tutti, anche i più combattivi, anche indisponibili a firmare il contratto di categoria, come la Fiom. Così almeno ha deciso il giudice del lavoro in una vertenza che riguardava i lavoratori del comparto aereo, discriminati, secondo il giudice, dall’azienda, che aveva negato i locali per le assemblee con il motivo della mancata firma del contratto.


ANTISINDACALITA’ – Ma “i diritti dei lavoratori” non dipendono dal datore di lavoro, dice il giudice.
“Il giudice dichiara l’antisindacalità della condotta e ordina” ad Alitalia-Cai “di riconoscere le rappresentanze aziendali del sindacato Unione Sindacale di Base e di riconoscere loro l’esercizio del diritto di assemblea”. Sono le ultime righe del decreto firmato da Francesco Colella, giudice del lavoro del Tribunale di Civitavecchia. Sette pagine pesanti, e non soltanto per i rapporti sindacali all’interno di Alitalia. La decisione del magistrato infatti potrebbe in futuro pesare anche nella vicenda Fiat di Pomigliano d’Arco e Mirafiori. Il succo della questione: se un sindacato rifiuta di siglare il contratto, l’azienda deve riconoscergli la rappresentanza quando, in un secondo tempo, decida di firmare. Nella sentenza c’è una frase che potrebbe segnare i futuri rapporti tra sindacati e imprese: “La rappresentatività del sindacato non deriva da un riconoscimento del datore di lavoro ”.

Alan Esposito
 

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