Non sappiamo ancora come l'abbiano presa le lavoratrici ed i lavoratori della Merloni, ma a noi i dieci secondi scarsi con cui il nottambulo di Arcore ha assicurato il suo impegno e ha promesso la sua attenzione su questa crisi aziendale avanzano per farci tranquillizzare e per farci dire che questo suo intervento basterà a salvare l'azienda ed i posti di lavoro. Sui dodici minuti scarsi di telefonata con cui ha arringato i promotori marchigiani della sua libertà con le solite invettive contro i magistrati e la Corte Costituzionale della Repubblica, i dieci secondi di dedica che ha voluto fare alla grave crisi della Merloni sono rimbalzati in pompa magna su alcuni organi di informazione quasi come se il Premier avesse presentato un progetto ed una strategia di politica industriale adeguata agli sconquassi della nostra economia.
Non abbiamo infatti motivi particolari per porre in dubbio il fatto che il Premier, come ha ribadito in quella telefonata, abbia presenti queste situazioni ma ci pare che negli oltre due anni in cui la crisi della Merloni è maturata ed infine esplosa, il suo Governo non abbia fatto certo la sua parte: solo il minimo indispensabile e quando è stato preso per la giacchetta.
Questi dieci secondi di telefonata in cui tiene a ricordarci che Lui è l'Unto salvatore suonano oramai come una presa in giro, come un tentativo disperato e delirante che in assenza di atti concreti di impegno e di intervento servono solo a gettare fumo negli occhi e a fare una propaganda ignobile sulla pelle delle lavoratrici e dei lavoratori.
E' lo stesso approccio di sempre, quello di un monarca benevolo, quello che gli fa dire che Lui e il Suo governo hanno "concesso" i benefici della Legge Marzano. E' lo stesso approccio di sempre, quello di un capo fazione, non certo di un capo di governo con dei doveri precisi, quello che gli fa comunicare il suo presunto impegno sulla Merloni, tutto da verificare, non su un tavolo di confronto vero con Regioni, sindacati, territorio, ma ad una kermesse di commensali azzurri pronti alla guerra civile per salvare il premier dalle inchieste e dai processi. Un provvedimento tecnico, il ricorso alla Legge Marzano ed un commissariamento in tutto fallimentare, comunque frutto di una vertenza e di un confronto tra le parti sociali, Berlusconi lo chiama concessione. Una telefonatina tra amici pretende di spacciarla come impegno di politica industriale. Siamo alle solite e non poteva essere altrimenti con uno che, in pieno disastro e nel bezzo mezzo di centinaia di crisi industriali nella grande, nella media e nella piccola impresa, ha continuato a dire che la crisi era un'invenzione dei soliti comunisti e disfattisti di professione e che non serviva alcun particolare intervento da parte del Governo, altrimenti impegnato nella ben più importante riforma salvapremier della giustizia.
Da questo punto di vista, anche le parole del maggiordomo della serata, il senatore pidiellino Casoli, fabrianese doc che si è buttato in politica per coprirsi le spalle dagli effetti della crisi della sua stessa azienda, sono degne di nota. E' infatti necessario correggere alcune dichiarazioni dell'azzurro marchigiano. Le risorse destinate ad un accordo di programma che, a differenza di come lui dice relativamente al ricorso alla legge Marzano, non era per niente scontato ma è stato il frutto di una mobilitazione dei lavoratori e delle Istituzioni territoriali, sono pari a 35 milioni di euro e non sono i 50 milioni tuttora sbandierati. Questi soldi poi sono tuttora solo scritti ma per essere utilizzati si deve ancora porre mano ad un progetto industriale e per essere utilizzati bene occorre uno straccio di politica industriale che li renda effettivamente produttivi. Altra precisazione. Le risorse della cassa integrazione e di quella in deroga per le imprese dell'indotto non le ha messo il governo se non in parte, e ci mancherebbe altro in un Paese in cui il welfare si regge solo su queste coperte vetuste e consunte di paracadute e di assistenza sociale, ma dal governo sono state sottratte alle Regioni e alle politiche attive del lavoro.
Infine: il senatore Casoli ha ricordato che la crisi della Merloni non nasce dal nulla ma vi sono delle responsabilità precise dell'azienda che ha spesso nascosto i problemi sotto il tappeto. Non possiamo dargli torto ma se qualche anno fa, nella sede del Ministero che ancora si chiamava delle attività produttive, durante il Secondo Governo Berlusconi, l'allora ministro Marzano avesse avanzato qualche obiezione nel merito di un Piano industriale, proprio quello proposto dalla Merloni, che disegnava perfettamente un futuro inevitabile di crisi, e non avesse apposto la sua firma in quell'accordo, la storia poteva andare anche diversamente. Non diciamo del tutto diversamente ma probabilmente una crisi così devastante e senz'altro irreversibile sarebbe potuto essere governata meglio e con migliori prospettive di soluzione.
Lunedì c'è l'incontro al ministero tra il funzionario che segue le crisi d'impresa e i sindacati. Un uccellino ci ha detto che alcuni, per quanto siamo ad ottantacinque giorni esatti dalla chiusura definitiva del bando internazionale per la Merloni, avrebbero preteso di fare l'incontro in sordina, senza comunicarlo, aumme aumme, come se fosse una robetta che riguarda o deve riguardare un circolo clandestino di pubblici funzionari e di rappresentanti sindacali in amichevole tensione carbonara. Anche in questo caso, siamo alle solite: si pretende tuttora di gestire una vertenza giunta al suo apice più cruciale in modo dissennato, da una parte con la propaganda del governo e dall'altra con il silenzio di alcuni settori sindacali la cui missione sembra oramai solo quella di nascondere l'assenza evidentissima di una politica e di un progetto industriale. Al pari della FIAT.
In quest'incontro, ancora una volta, salta agli occhi l'assenza del Ministro, ovvero del titolare politico di ogni auspicabile e necessaria scelta di politica industriale vera, oggi Paolo Romani, e delle Regioni, non invitate. Siamo quindi ed ancora di più sconcertati rispetto all'atteggiamento del governo e rispetto all'assenza di una idea minima o di una volontà anche flebile di questo governo ad intervenire. Se fossimo stati in presenza di un Governo serio e dotato anche solo di uno straccio di idea di politica industriale per questo Paese, avremmo assistito ad una sua immediata iniziativa nei confronti dei gruppi industriali che si sono fatti avanti non lasciando nulla di intentato per rilanciare questo patrimonio industriale e per salvare quattromila posti di lavoro e non riservando ad una semplice valutazione di natura tecnica e finanziaria la verifica della congruità delle proposte e della loro possibilità di realizzazione.
Un Governo serio, che si rispetti e dotato di una politica industriale avrebbe dovuto chiamare da subito ad un tavolo di confronto chi ha manifestato interesse per la Merloni, indipendentemente dall'azione dei commissari, affiancandone anzi l'azione e cercando di capire quali eventuali condizioni sarebbero potute servire a chi vuole investire in questo territorio e per questa azienda. Non l'ha fatto, dubitiamo che un funzionario, per quanto di alto lignaggio, lo possa fare domani annunciando un nuovo e più forte impegno del ministro e del governo.
In questo contesto, in questi due mesi si è perso del tempo prezioso anche per l'ipotesi di lavoro, di una nuova road map, di rilancio e di riconversione della Merloni che, come sinistra, abbiamo avanzato nella grande assemblea dell'8 dicembre scorso. Giovedì prossimo, nel consiglio comunale di Gualdo Tadino, l'ordine del giorno da noi presentato sulla Merloni servirà a rilanciare la mobilitazione istituzionale e territoriale e a pretendere dal governo un intervento serio, deciso e concreto di politica industriale per questo territorio e, alla luce delle manifestazioni di interesse, per questa azienda ed il suo indotto.
Dopo l'incontro di domani, non basterà infatti sapere che le lavoratrici ed i lavoratori torneranno sulle linee di montaggio per quattro-cinque giorni nel mese di febbraio, grazie ad una commessa provvidenziale di ventimila pezzi e grazie, a questo punto, anche all'afflato mistico dell'Unto del Signore che ha avuto la sua epifania in una telefonata di dieci secondi.


Il Capogruppo PRC SE
Sinistra Unita per Gualdo
Gianluca Graciolini

 

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