Fiat. «Tutti i nostri no»
Antonio Sciotto - Il Manifesto
Gli operai di Melfi domani si riuniranno davanti ai cancelli della storica «primavera» 2004: fervono i preparativi per lo sciopero Fiom in uno degli stabilimenti più importanti della Fiat, la Sata della piana di San Nicola. Una delle tre tute blu licenziate l'estate scorsa, il delegato Fiom Giovanni Barozzino, spiega che la fabbrica è in grande fermento, soprattutto dopo il referendum di Mirafiori. «I lavoratori hanno atteso i risultati con attenzione - dice - e hanno capito il valore di quel voto: Marchionne infatti non fa mistero di voler applicare lo schema di Torino e Pomigliano anche a Melfi e Cassino».
Come avete vissuto le ultime settimane? Il conflitto, il voto di Mirafiori.
Io la notte del voto ero al turno di notte, in fabbrica. Ho ricevuto tantissime telefonate, gli operai chiedevano aggiornamenti sul voto. Abbiamo vissuto quel referendum con un pieno coinvolgimento. I lavoratori qui sanno cosa vogliono dire quelle condizioni di lavoro «proposte» da Marchionne, per così dire, e dai cosiddetti «accordi» di Mirafiori e Pomigliano: ricordiamoci che nella lotta della Primavera del 2004, i 21 giorni che tutti ricordiamo, abbiamo combattuto proprio condizioni di lavoro molto pesanti. Abbiamo detto addio alla «doppia battuta», ma ancora oggi ad esempio abbiamo il turno notturno, anche per le donne. Abbiamo migliorato tante cose in fabbrica, conquistato anche un clima più vivibile, fuori dal terrore che si viveva.
Volete dire che temete un ritorno di quelle condizioni così pesanti per voi?
Non le stesse, ma abbiamo letto le interviste di Marchionne, proprio dopo il referendum, e dice senza misteri di voler applicare lo schema di Mirafiori e Pomigliano anche a noi, e a Cassino. Proprio oggi (ieri per chi legge, ndr) l'azienda ha deciso di far saltare un incontro che aveva convocato da inizio dicembre. L'ultima volta che ci siamo visti, aveva annunciato di voler applicare il nuovo sistema ergonomico ErgoUas, quello degli accordi di Mirafiori e Pomigliano, anche a noi, a partire dal 31 gennaio. Così l'incontro saltato avrebbe dovuto essere la conferma di questo schema: ma noi in dicembre abbiamo contestato punto per punto questo progetto, abbiamo portato un nostro esperto in ergonomia che ha prospettato tutti i rischi per i lavoratori. Abbiamo detto di essere contrari al taglio di 10 minuti di pausa, se prima non si valutano i reali miglioramenti ergonomici: e l'ErgoUas non è stato mai verificato congiuntamente da azienda e sindacato. Sarebbe una imposizione di Marchionne, e noi abbiamo detto no: ora l'incontro è stato rinviato al 23 febbraio prossimo.
Dunque una prima piccola «vittoria», se l'azienda decide di aspettare un mese.
Beh, certamente hanno influito le nostre proteste, e congiuntamente tutti i fatti nazionali: il referendum di Mirafiori, e poi lo sciopero del 28 gennaio. La Fiat sa che nello stabilimento di Melfi ci sono tanti problemi irrisolti e per questo avrà voluto soprassedere. Noi abbiamo detto che non accettiamo diktat, ma siamo disponibili a valutare tutto insieme, azienda e sindacati.
Ma attualmente voi non applicate lo schema del Tmc2? E vi va bene? Non sarebbe da cambiare, dato che ha causato danni alla salute di tanti lavoratori?
Certo, non ci sognamo mica di difendere il Tmc2. È un sistema di lavoro alla linea che da noi ha fatto sì di avere oggi ben il 50% di operai con «ridotte capacità lavorative»: dati non nostri, ma certificati dai medici aziendali. E siamo una fabbrica dove la media di età non è altissima, attualmente è di 37 anni. Noi vogliamo cambiare quel metodo di lavoro, quei ritmi, ma questo non vuol dire che dobbiamo accettare a scatola chiusa l'ErgoUas, il taglio delle pause, l'imposizione che la mensa, che noi abbiamo già a fine turno, possa essere comandata come straordinario.
Marchionne chiede stabilimenti più produttivi, voi cosa rispondete?
Ma noi siamo già lo stabilimento più produttivo d'Europa: ogni operaio produce in media 73 vetture l'anno, siamo ai livelli degli stabilimenti brasiliani. Noi operiamo già sui 15 turni, anche di notte, e a dire il vero abbiamo firmato per i 17, che l'azienda potrebbe dunque chiedere quando vuole. La verità è che Fiat oggi vende meno, e così l'anno scorso abbiamo fatto almeno 10 settimane di cassa integrazione, cioè 2 mesi e mezzo. Non è colpa nostra se si produce meno: è un problema di mercato e di volumi, la produttività del lavoratore è già alta.
Come sta andando la causa per il vostro licenziamento?
Al primo grado la sentenza ha dato ragione a noi: antisindacalità dell'azienda e nostro reintegro. Oggi non siamo ancora ammessi in produzione: passiamo quasi tutto il tempo nella saletta sindacale, e solo io e l'altro delegato, Antonio Lamorte, possiamo girare un po' per i reparti, viste le nostre funzioni; Marco Pignatelli, che non è delegato, passa tutte le 7 ore e mezza nella saletta. Attendiamo l'appello: abbiamo presentato nuove prove e registrazioni. Anche un sms che una compagna mi inviò 40 giorni prima del licenziamento, con cui mi metteva in guardia dal comportamento del gestore operativo che poi ci accusò di aver bloccato quel famoso robot alla linea.
Ma se oggi Marchionne vi chiedesse di scambiare i vostri diritti con il posto di lavoro, da voi vincerebbe il sì o il no?
Premesso che certi diritti sono indisponibili, e che per noi quel referendum sarebbe illegittimo, io penso che a Melfi il «no» raggiungerebbe almeno il risultato di Mirafiori, già altissimo. O anche di più.

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