Contro di noi operai è in atto una vera e propria persecuzione, mentre la Democrazia è a rischio. Noi delegati Fiom Cgil della Antonio Merloni di Nocera Umbra ne siamo convinti. Basta ascoltare le dichiarazioni del presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, che diceva qualche giorno fa: “Fiat fa bene ad andarsene se non passa il sì al referendum”.
E’ sotto gli occhi di tutti che se in Italia ci sono soggetti perseguitati, con sempre minori diritti e maggiori doveri, questi sono gli operai ed in particolar modo i lavoratori che sono nelle linee di montaggio. In questi giorni stiamo assistendo ad un tifo da stadio, chi sostiene Marchionne, perché porta lavoro e chi è contro Marchionne perché uccide diritti e democrazia. Ma questa è una gara insensata, perché è ovvio che tutti siamo per l’investimento, ci mancherebbe altro, ma non accettiamo i metodi imposti per (forse) ottenerlo.
 

Quindi 2 sono le cose che da lavoratori condanniamo fortemente:
 

1. La mancata trasparenza e l’incertezza sull’investimento. I sindacati firmatari dell’accordo (quindi non la Fiom), il Governo (impegnato in altre misere vicende in questo momento), ma anche i maggior partiti di opposizione, dicono ora, dopo il referendum, che Marchionne deve rispettare quanto sottoscritto e deve far conoscere il reale piano industriale di Fiat. Ma questa “apertura al buio”, come si dice in gergo pokeristico , noi la giudichiamo da pazzi. Dopo quanto accaduto parlare di se, di ma, di forse, ci fa capire che il valore economico di un operaio metal meccanico è pari a 0 euro (morto un papa se ne fa un altro). D’altronde a qualcuno piace dire che ‘gli italiani certi lavori non li vogliono più fare” e che quindi è meglio farli fare a lavoratori stranieri, che sono ‘più flessibili’ e ‘meglio disposti’ (cioè più poveri).
 

2. Come rappresentanti sindacali vediamo nell’abolizione dei diritti un sopruso tale da lasciare ogni singolo lavoratore alla mercè dei datori dei lavori e peggio ancora dei loro sottoposti. Per chi come noi in catena di montaggio ci è stato tanti anni, è facile capire che che un ulteriore inasprimento delle condizioni di lavoro sia semplicemente impensabile. Ma visto che molti parlano per sentito dire e spesso confondono i fischi con i fiaschi, un esempio lo vogliamo fare: nella catena di montaggio della Merloni, come tutti sanno, si producono elettrodomestici, ed in particolar modo i frigoriferi, e il passaggio tra un pezzo ed un altro per l’assemblaggio avviene ogni 28 secondi. In quel brevissimo intervallo il lavoratore non sta lì a contare i pezzi che passano, ma deve fare alcune operazioni, che necessitano una elevata manualità e per la maggior parte richiedono l’uso degli utensili. Tali condizioni creano, nel breve e medio periodo, dei danni fisici che spesso non si risolvono con interventi chirurgici, e lasciano al lavoratore traumi tali da ridurlo nella condizione di inabile al lavoro. Una condizione che non auguriamo a nessuno, anche se a questi “signori ben pensanti” chiediamo di cercare di immaginare un loro figlio o un nipote che dopo alcuni anni di lavoro si trova impossibilitato a stringere un bicchiere tra le mani.
Da delegati Fiom-Cgil ringraziamo i lavoratori della Fiat per il loro coraggio , lo abbiamo fatto per Pomigliano, ed ora lo facciamo per Torino. Circa 2500 operai tra uomini e donne su oltre 5000 hanno detto no ad un accordo ricatto, che offriva loro o il licenziamento o la sudditanza. Quel 46% di no (che sale al 50% se si considerano i soli operai) sarà un macigno sullo stomaco per chi da oggi in poi dirigerà le operazioni dell’investimento.
La partita dunque, è tutt’altro che persa, e lotta, quella vera, per la difesa dei diritti, dei salari, della dignità dei lavoratori e della democrazia, sta tornando a crescere. Lo sentiamo anche intorno a noi. E anche all’interno della nostra organizzazione, chi all’inizio ha fatto orecchie da mercante sul modo in cui Cisl e Uil stavano stravlgendo il ruolo del sindacato, ora dovrà ravvedersi.
 

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