Siamo prossimi al rinnovo del Contratti nazionale del commercio e la piattaforma presentata da Confcommercio prevede l’obiettivo, per questa tornata, del contenimento del costo del rinnovo entro il 4,51%. Per il raggiungimento di esso, la principale associazione datoriale del commercio, prevalentissima a Gualdo se non del tutto detentrice di una rappresentatività in esclusiva, propone la riduzione delle ferie a quattro settimane, la riduzione dei permessi che ad oggi permettono di effettuare un orario settimanale di 38 ore, col ripristino delle 40 ore a parità di salario, la riduzione dei costi derivanti da scatti di anzianità e altri automatismi e, ovviamente, in nome del contrasto all'assenteismo, il non pagamento dei primi tre giorni di malattia.
Non possiamo che sottolineare il comportamento contraddittorio di Confcommercio che, se da un lato, per poter incrementare le vendite, sollecita una riduzione della pressione fiscale, dall'altro, con le misure richieste, di fatto riduce il personale comprimendo la capacità di spesa di una parte della popolazione, la più giovane ed attiva, la più dedita ai consumi. Invece di preoccuparsi dell'eccessivo incremento di aperture di nuovi punti vendita al di sopra del fabbisogno del bacino di utenza che determina difficoltà per tutti, non si trova di meglio che penalizzare i lavoratori con la ricetta: più carichi di lavoro, meno salario, meno diritti. E per non farsi mancare nulla, la Confcommercio prevede anche la diminuzione dei diritti sindacali "razionalizzando" ulteriormente permessi e rappresentanza in un settore già di per sé scarsamente sindacalizzato in cui il lavoro frammentato, le differenze salariali, la dilagante precarietà riducono in maniera significativa il potenziale delle lavoratrici e dei lavoratori di poter essere adeguatamente rappresentati o di poter lottare nella difesa dei propri diritti.
Lo stesso accordo precedente che risale al 2008, firmato separatamente dalle sigle sindacali CISL e UIL, sanciva una percentuale di obbligatorietà del lavoro festivo, fino ad allora facoltativo, e l'aumento dell'orario settimanale per gli apprendisti che andava a compensare in parte l'aumento contrattuale degli altri lavoratori.
Nelle motivazioni addotte per l'apposizione della firma, Confcommercio dichiarò che questi aspetti negativi sarebbero stati recuperati nel rinnovo contrattuale successivo e che, tutto sommato, contraddicendo alla realtà, i lavoratori apprendisti erano in numero esiguo.
Sappiamo che la realtà, in un settore largamente deregolamentato e desindacalizzato come quello del commercio, è peggiorativa rispetto alle stesse previsioni, già di per sé funeste, del Contratto nazionale. Basta guardare ai dati emersi nel rapporto della UIL sulle ispezioni compiute dal Ministero del Lavoro nelle realtà territoriali della nostra Regione, compresa la nostra, per farci capire che siamo in presenza di fenomeni generalizzati di precarietà assoluta e di lavoro nero. Così come, anche laddove si registrano situazioni regolamentate dai contratti, nella media e grande distribuzione, si registrano forme selvagge di precarietà, di sospensione dei diritti, basti pensare ai diritti di maternità negati alle donne, di ritardi anche gravi nel pagamento degli stipendi.
Questa situazione si accompagna alla crisi dei consumi denunciata in questi giorni proprio dal Rapporto annuale di Confcommercio: con una riduzione media annua del 2,1% nel biennio 2008-2009, i consumi pro capite tornano ai livelli del 1999. L'anno si è, tra l'altro, chiuso con circa 25.000 esercizi al dettaglio in meno e questo fenomeno sta riguardando anche la nostra Città. Confcommercio invoca di accelerare ed intensificare tutte le azioni, le politiche, le riforme utili al rafforzamento della crescita, della produttività, della competitività ed al riassorbimento della disoccupazione, a partire dalla riduzione della pressione fiscale.
La piattaforma contrattuale che quasi sicuramente Confcommercio riuscirà ad imporre alle Organizzazioni sindacali va nella direzione esattamente opposta a quanto occorrerebbe fare per sostenere la domanda interna dei consumi, considerato anche l'ingente numero delle lavoratrici e dei lavoratori interessati da questo contratto, e con essa si conferma ogni nostra preoccupazione sul fatto che l'offensiva sferrata da Marchionne contro i lavoratori della Fiat possa diventare un modello esportabile dilagando in ogni altro settore economico del Paese.
Le condizioni e i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori del commercio così come i rischi di chiusura dei piccoli esercizi commerciali, a partire da quelli del Centro storico e da quelli di prossimità dei quartieri e delle frazioni, sono temi che richiedono attenzioni forti e costanti dalla politica e dalla pubblica amministrazione locale, dando per scontata la necessità che per far ripartire produttività e consumi occorra una nuova politica enonomica e sociale che abbatta la precarietà del lavoro, configuri un quadro di diritti stabili per i lavoratori e si ponga come obiettivo l'aumento dei salari e degli stipendi.
A livello locale, però, non si possono lasciare soli al loro destino nè le lavoratrici e i lavoratori di questo settore nè i piccoli esercenti. E' per questo che rilanciamo la proposta di aprire un grande confronto cittadino per giungere all'elaborazione di un Piano locale per il commercio con due obiettivi di fondo: restituire centralità al lavoro e ai suoi diritti e politiche per garantire redditività diffusa a tutti gli esercizi, per contrastare i colpi che la crisi affonda anche sui nuovi investimenti e per uno sviluppo equilibrato del settore.
Il Capogruppo PRC SE
Sinistra Unita per Gualdo
Gianluca Graciolini

 

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