Si rischia di riportare la regione indietro di anni e di far riaffiorare fenomeni che ritenevamo ormai superati come l’emigrazione e lo spopolamento delle zone periferiche. Puntare sulla green economy e sul terziario avanzato come punti di riferimento fondamentali, senza fare a meno dell’industria manifatturiera.

PERUGIA - “Nei resoconti di fine anno, sia dei sindacati che delle associazioni di impresa, un dato risulta assolutamente identico: la crescita del sommerso e di quella 'zona grigia' dove si annidano lavoro nero, mancanza di sicurezza e scarsa tutela contrattuale”. Lo rileva il consigliere regionale Andrea Smacchi (Pd) osservando che “il perdurare della crisi ha sicuramente contribuito ad ampliare tale fenomeno”.
Per l'esponente del Partito democratico “occorrono pertanto interventi forti e celeri per invertire una tendenza che rischia di riportare la nostra regione indietro di anni e di far riaffiorare fenomeni che ritenevamo ormai superati come l’emigrazione ed il conseguente spopolamento delle zone regionali periferiche. Nei territori più colpiti – insiste Smacchi - come la fascia appenninica, dobbiamo continuare a lavorare per cercare di rilanciare un nuovo modello di sviluppo che veda sia la green economy che il terziario avanzato come punti di riferimento fondamentali, senza fare a meno dell’industria manifatturiera. L’impegno che la Giunta regionale sta mettendo in campo nella vertenza Merloni sta a significare proprio questo perché una regione che non produce e territori nei quali non insistono attività produttive hanno sicuramente poche possibilità di uscire rafforzati da un periodo così difficile”.
Per il consigliere regionale di maggioranza “c’è ovviamente da far tesoro delle esperienze passate, quella della ricostruzione su tutte. L’ingente quantitativo di risorse di cui l’Umbria ha usufruito per più di un decennio non ci ha consegnato un tessuto produttivo più forte ed avanzato, anzi è avvenuto l’esatto contrario: le imprese si sono destrutturate (solo in edilizia si è passati da una media di 5 a 3 addetti per impresa) e non hanno investito in innovazione e ricerca con il risultato che molte di esse hanno chiuso i battenti e tante professionalità sono andate perdute. Proprio partendo da questa grande occasione mancata – conclude Smacchi - abbiamo il compito di operare per rendere concreta ed attrattiva una proposta umbra che avvii una nuova fase di sviluppo”.
 

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