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“Antidemocratico, illiberale, autoritario”: sono gli aggettivi che Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, riserva a due destinatari: l’ad della Fiat Sergio Marchionne e l’accordo separato da lui imposto a Mirafiori, non firmato dalla Fiom Cgil. In un’intervista a Repubblica, Camusso critica severamente l’operazione torinese, con la quale – rimarca - “si cancella la libertà sindacale”.

“La Cgil non firmerebbe mai un accordo che escludesse un altro sindacato”, sottolinea Camusso che poi, in quanto ai contenuti del patto con Fiat-Chrysler, lo giudica “poco rispettoso della fatica del lavoro”.

Parlando col quotidiano di Torino, La Stampa, il segretario generale afferma di percepire un “ritorno agli anni Cinquanta”. “Allora - spiega - c’erano i reparti di confino, oggi c’è l’esclusione della rappresentanza sindacale”. L’idea però “è la stessa, e cioè quella di costruire un sindacato aziendalista il cui unico scopo è propagare le posizioni dell’impresa”.

La Fiat secondo Camusso ha “deliberatamente costruito una successione di eventi per negare la libertà sindacale”. Nell’allarmante assenza della Confindustria, che deve far “sentire la sua autorevolezza nel sistema delle imprese, oppure prevarranno le regole della giungla”.

Secondo Camusso Cisl e Uil “hanno sottovalutato l’effetto dell’intesa per Mirafiori. Perché quando si permette a una grande impresa di escludere un sindacato si sa con chi si comincia ma non si sa con chi si finisce”. Anche la Fiom, però, ha le sue responsabilità e per Camusso è necessario “aprire una discussione su questa sconfitta. Un sindacato non può limitarsi all’opposizione altrimenti rinuncia alla tutela concreta dei lavoratori”.

L’esclusione della Fiom dalla rappresentanza sindacale, perché non ha firmato, è un punto criticato anche dal giuslavorista e senatore Pd Pietro Ichino, secondo il quale anche il “sindacato minoritario deve avere il diritto alla rappresentanza, in proporzione ai consensi ricevuti”. Ma Ichino – in un’intervista al Giornale – specifica che non deve esserci “il potere di veto” tuttora presente “nel nostro sistema di relazioni industriali, obsoleto e inconcludente”. La Fiom, dice Ichino, “deve rimanere dentro ‘il sistema costituzionale’ delle relazioni industriali anche se non ha firmato l’accordo, conviene anche alla Fiat”. E per farlo basta “una regola”, prevista anche in un disegno di legge depositato dallo stesso Ichino “l’anno scorso, insieme ad altri 54 senatori”, che dia “potere alla coalizione sindacale maggioritaria di stipulare un accordo che abbia efficacia davvero vincolante per l’impresa e per tutti i dipendenti, compresa la clausola di tregua”. Per Ichino “è possibile e utile per tutti, a cominciare dalla Confindustria e dalla Fiat, riscrivere questa norma in modo da conciliare la nostra tradizione di pluralismo sindacale con l’esigenza di togliere il potere di veto alle minoranze e di aprire il sistema agli investimenti stranieri e ai piani industriali innovativi”.

Bocciatura completa, invece, da Gianni Pagliarini, responsabile Lavoro del PdCI-FdS. “Più straordinari, meno pause e malattie. Le trentasei pagine del contratto di Mirafiori – scrive Pagliarini in una nota - confermano che solo un governo completamente appiattito ai voleri padronali può consentire a Marchionne di fare e disfare a suo piacimento, riportando le lancette del tempo al Medioevo e facendo carta straccia dei diritti dei lavoratori. E’ un accordo indegno per un Paese civile come l’Italia”.

Per quanto riguarda Pomigliano - il primo stabilimento Fiat in cui è iniziata la serie degli accordi separati - è prevista per il 28 gennaio a Roma una riunione sul nuovo contratto di lavoro della newco. La Fiom, non avendo firmato l’accordo per la fabbrica campana, non parteciperà. Il negoziato riguarda orari, scatti di anzianità, salario ecc. che saranno applicati ai dipendenti della nuova azienda, e dovrebbe chiudersi entro il 31 dicembre.
 

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