Secondo il rapporto su “La ricchezza delle famiglie italiane”, che fa riferimento al 2008, il 45% di questa sarebbe in mano al 10% della popolazione. E il primo semestre del 2010 conferma questo tendenza negativa ed escludente.

 

di Vittorio Bonanni
La musica è ormai nota ed inascoltata allo stesso tempo. Ma che a suonarla sia ancora una volta Bankitalia e dunque Mario Draghi, governatore della più importante istituzione economica italiana, vorrà pur dire qualcosa. Già recentemente l’economista italiano aveva messo in guardia sulla sempre crescente precarizzazione del lavoro in Italia. Uno scenario, aveva precisato, che certo non potrà favorire il superamento della crisi. Insomma se le persone avranno sempre meno denaro da spendere addio ripresa. Senza dimenticare le gravi ripercussioni di carattere sociale. Questa volta è un rapporto realizzato appunto dall’autorevole istituto a puntare l’indice contro un altro grave problema nostrano, certo non racchiuso nei nostri confini, ma che da noi assume un carattere particolarmente grave, peggiore di quello degli altri paesi europei. Stiamo parlando della ricchezza nazionale, sempre più concentrata nelle mani di pochi. Lo sottolinea appunto il rapporto su “La ricchezza delle fa miglie italiane”, le cui conclusioni sono state rese note oggi. Secondo l’inchiesta di Bankitalia il 45% della ricchezza complessiva degli italiani sarebbe in mano al 10% della popolazione. Questo tenendo come punto di riferimento il 2008. Ma c’è da credere che la situazione due anni dopo sia piuttosto peggiorata che migliorata. Infatti sempre secondo la banca centrale in questo primo semestre del 2010 la ricchezza netta delle famiglie sarebbe diminuita dello 0.3% tornando così ai livelli del 2005. Complessivamente la metà della popolazione italiana avrebbe in mano solo il 10% della ricchezza nazionale. Uno scenario da paese sudamericano, area geografica del mondo dove peraltro è in atto una difficile ma interessante inversione di tendenza proprio rispetto alla concentrazione di ricchezza. Come dire che lì si va avanti e qui si torna indietro. Naturalmente i dati frutto della ricerca sono articolati, e, per esempio, dimostrano come le famiglie italiane siano tra le meno inde bitate del mondo. L’ammontare dei loro debiti, in Italia, inciderebbe nella misura del 78% del reddito disponibile lordo. Se pensiamo che in Francia e in Germania questa percentuale è del 100% sembrerebbe essere questo un elemento di consolazione. Ma cosi non è, perché, sempre secondo i dati del rapporto, la povertà tra il 2007 e il 2008 avrebbe conosciuto una lenta e graduale crescita con un calo della ricchezza del 3,5% a prezzi correnti e del 6,5 a prezzi costanti. Queste cifre dovrebbero essere più che sufficienti per determinare all’interno delle forze politiche, parliamo naturalmente dell’opposizione, la nascita di un atteggiamento più determinato nei riguardi delle questioni sociali e del lavoro, e nelle forze sindacali l’abbandono di una moderazione che in alcuni casi, vedi Cisl e Uil, di fatto avalla politiche che certo non aiutano a superare il quadro delineato da Bankitalia. Che sia quest’ultima a lanciare il Sos piuttosto che altri è un indicatore dell’inadeguatezza della politica, ben lungi dall’essere scritta con la P maiuscola.

 

Da www.controlacrisi.org

 

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