Quando la politica muore
La politica muore quando Alemanno, Maroni, Alfano attaccano la Magistratura che scarcera ragazzi e ragazze dando corpo all'ordine repressivo dello stato di eccezione permanente. La politica muore quando si continua, anche a sinistra, con una perniciosa coazione a ripetere, la litania della seconda metà degli anni Settanta, dividendo il movimento che lotta per il bene comune della conoscenza, tra "buoni" e "cattivi". La politica muore nell'atto in cui, con cinismo ipocrita, non vede la responsabilità di avere imposto, con la gabbia bipolare-bipartitica (voluta da Berlusconi, come da Fini, come da Veltroni), la scissione completa tra la mediazione istituzionale e il conflitto sociale. Di fronte alla ribellione generazionale, dobbiamo interrogare noi stessi, ascoltare, tentare di capire.
Liberazione lo sta facendo molto bene. Mi si chiede un parere. Con umiltà, pongo a me stesso tre problemi: penso, innanzitutto, che, dopo piazza del Popolo, le cui dinamiche sono state ampiamente illustrate e documentate, possiamo ritenere che ci troviamo di fronte ad una vera e propria mutazione antropologica di decine di migliaia di ragazze e giovani; la quale da tempo viveva nei rivoli carsici dei movimenti sociali, dagli operai sui tetti e sulle gru alle lotte territoriali e che clamorosamente entra oggi in piena luce dopo una fase di accumulo di forze; niente di strano; non è stato sempre così nei movimenti storici che hanno segnato l'apertura dei cicli di lotta più complessi? Questo è il movimento dei beni comuni.
E' stato giustamente detto che un fenomeno così contemporaneo, una ribellione generazionale che vive a Roma, come a Londra, a Parigi, ad Atene, in Canada (con le differenze marcate dai sistemi politici locali) appare, per paradosso, come un improvviso ritorno alle fasi migliori dell'Ottocento, della nascita del movimento operaio. Come avvenne per le leghe o per le cooperative, questi giorni vivono l'ambito della comunità includente, dell'appartenenza, contro una statualità che è nemica. La mediazione politica giustamente appare, a questo movimento, lontana e ostile. Il potere è odiato perché appare con la putrescenza morale della compravendita e del mercato innanzitutto, che ricostruisce una maggioranza che subito approverà la controriforma Gelmini con i voti anche di Fini e Casini. Non è un'esercitazione goliardica, è rabbia disperata, maturata nelle assemblee, nei cortei, nell'autorganizzazione, sui tetti e sulle gru, dove è stato messo in gioco il proprio corpo per salvare l'esistenza.

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