Il problema è se nel dibattito politico c’è ancora
l’intenzione di applicare l’articolo 34 della Costituzione. Cioè se lo
Stato intende mantenere un sistema di diritto allo studio pubblico e
aperto a tutti o se invece vuole renderlo privatizzato. Secondo Maurizio
Oliviero è questo il nodo da sciogliere sul fronte della riforma
universitaria. Tutte le discussioni che in queste ultime settimane si
sono susseguite dentro e fuori dal Parlamento vengono dopo, perché
l’Università pubblica ha bisogno di sapere se può ancora contare su
determinate garanzie che fino a ieri hanno permesso a tutti i cittadini
di poter accedere liberamente alla formazione universitaria. “Da sei
anni mi occupo di diritto allo studio -dichiara- e di anno in anno la
situazione peggiora al punto tale da essere costretto a mercanteggiare i
fondi necessari al mantenimento dei servizi Adisu con le istituzioni
locali”. In parole povere Oliviero parla dell’insostenibilità di un
sistema che non tiene più conto del principio del diritto allo studio.
“Allo stato attuale -prosegue- non abbiamo nemmeno lo straccio di una
comunicazione riguardo ai cofinanziamenti previsti per l’anno accademico
in corso”. Da questi presupposti Oliviero ritiene che sia giunto il
momento di stabilire se l’accesso alla formazione universitaria può
essere considerato ancora pubblico o se è lecito iniziare a formulare
qualche dubbio a riguardo. “Dal mio punto di vista -aggiunge
l’amministratore Adisu- è in atto una riforma complessiva che abbraccia
status dei ricercatori, reclutamento dei docenti e meccanismi di accesso
allo studio. Tutto quello di cui si sta discutendo in queste settimane è
legittimo e sinonimo di democrazia -sempre Oliviero- ma è arrivata
l’ora sapere se lo Stato vuole continuare ad applicare l’articolo 34
della Costituzione o se intende modificare le modalità di accesso allo
studio”. Perché i rischi sono molti ed imminenti. E stanno condizionando
anche quelle regioni tradizionalmente considerate “virtuose” come
l’Umbria. “In Toscana -sottolinea Oliviero- c’è già l’intenzione di
sospendere alcuni servizi. Quindi -ribadisce- chi vuole portare avanti
la riforma così come’è accanto alla logica dei tagli, è bene che esca
allo scoperto e dica le cose come stanno”. In modo tale da capire chi e
come garantirà (se lo farà) il diritto allo studio al posto dello Stato.
E, soprattutto, se gli studenti potranno ancora usufruire dei servizi
di sussistenza come è stato fino ad oggi, oppure, come lascia intendere
il disegno di legge, dovranno invece usufruire di un certo numero di
fondi per poi restituirli nell’arco di sei anni una volta conseguito il
titolo di studio. Ma per ora i problemi rimangono e gli enti come
l’Adisu devono cercare di rimanere a galla come possono attraverso gli
strumenti che hanno a disposizione: “Finchè i servizi di assistenza del
diritto allo studio rimarranno prerogativa del governo centrale
-conclude Oliviero- noi faremo il possibile per garantire il prosieguo
delle nostre attività in favore degli studenti e delle migliaia di
famiglie in difficoltà che comunque vogliono poter assicurare il futuro
dei propri figli".
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