Se la democrazia deve essere “educativa” come ci dice Fernando Savater, quale insegnamento trarre dal carteggio piuttosto caldo intercorso negli ultimi giorni tra l’assessore alle politiche agricole della Regione dell’Umbria Fernanda Cecchini e il presidente di Confagricoltura di Perugia nonché noto viticoltore Marco Caprai? Il secondo chiedeva conto alla prima con una lettera ai giornali della corretta attuazione di una procedura europea per accedere a fondi messi a disposizione dell’agricoltura, secondo lui le procedure non erano state ben interpretate, la risposta dell’assessore non si è fatta attendere e il povero Caprai è stato oggetto di un messaggio piuttosto “pesante” che ne metteva in discussione la sua stessa credibilità. Fulminea risposta del presidente di Confagricoltura che denunciava il proprio stupore nel constatare il “metodo” assessorile, ritenendolo a sua volta frutto di una libera (e quindi incontrollata) interpretazione da parte della burocrazia regionale, che a suo dire dimostrava ancora una volta la propria idiosincrasia nei confronti degli imprenditori e delle imprese, una “tara” ideologica secondo Caprai che stride a fronte della iniziativa della Presidente Marini per rilanciare lo sviluppo dell’Umbria. Tra l’altro scriveva Caprai alla luce di questo episodio ci sarebbe da preoccuparsi molto sulle difficoltà che la Governatrice incontrerebbe mettendo mano, come è sua intenzione, ad un rinnovamento degli assetti e delle funzioni della burocrazia regionale. Non sappiamo al momento come andrà a finire la vicenda Cecchini-Caprai, ma ritornando al discorso sulla funzione educativa della democrazia la vicenda fa molto riflettere. Vediamo: dunque il rappresentante della più importante associazione di agricoltori dell’Umbria chiede conto,usando modi corretti, all’assessore regionale di riferimento di questioni inerenti il suo ruolo e le sue responsabilità, ci si aspetta quindi dall’assessore una risposta adeguata a fare in modo che il rappresentante degli agricoltori possa riferire ai suoi rappresentati, ma non è così, in quanto il richiedente nelle more della risposta viene fatto invece oggetto di pesanti illazioni sulla sua funzione di imprenditore, così che l’attesa risposta assessorile diventa invece una specie di messaggio subliminale al povero Caprai. Becca e porta a casa! Così impari a disturbare chi non deve essere disturbato! L’insegnamento che si può trarre dall’episodio può essere quindi il seguente, cioè che allo stato attuale la distanza fra i politici e la società civile ha ormai raggiunto livelli siderali. Peccato che ciò sia vero anche per l’Umbria, una regione nella quale il dialogo fra politica e società si era (che bei tempi) fin qui sviluppato su una partecipazione larga e responsabile, ma evidentemente le “isole felici” non esistono più e dobbiamo dolorosamente constatare che anche in Umbria la classe politica (ma senza generalizzare per carità!) può essere contagiata dal virus della “casta”. Un virus che va fieramente combattuto invece da tutti coloro che sia all’interno della politica che della società credono che le regole della democrazia siano prima di tutto quelle di un dialogo continuo fra i vari livelli della rappresentanza, un dialogo orientato a costruire quel legame sociale che Aristotele identificava come il “compito della politica”, cioè il compito di “creare amicizia fra i cittadini”. Gustavo Zagrebelsky, nel suo avvincente saggio sulla “buona politica” ci dice che troppa è la separazione oggi fra chi c’è al potere e chi non c’è e aggiunge “….e volete che chi non c’è non si senta mille miglia lontano da chi vi è dentro? Che non si consideri appartenere a un altro mondo? E all’opposto possiamo credere che chi è dentro non consideri chi è fuori un potenziale pericolo, un’insidia per la propria posizione acquisita ?…” Ovviamente continua Zagrebelsky comportandosi di conseguenza, cioè adoperandosi per essere infastidito il meno possibile e il meno possibile insidiato nel suo ruolo. E’ una situazione accettabile? Crediamo assolutamente di no, sarebbe invece necessario, proprio in questa fase sofferta della nostra democrazia, stringere i rapporti fra politica e società, abbandonando le pratiche che fanno pensare che la prima possa fare a meno della seconda e viceversa. Condividi