L'intervento di Asor Rosa su "l'Italia mediana" è sicuramente interessante e stimolante. È indubbiamente vero che il dibattito politico-culturale da sempre tende a snobbare queste regioni, anche si in passato economisti e sociologi si sono soffermati a lungo sul modello economico-sociale che ha caratterizzato questi territori. Mi riferisco, in particolare, ai saggi e alle analisi sul «piccolo è bello» e sulla «industrializzazione senza fratture» proposti da Giorgio Fuà e da quella vera e propria scuola di studiosi da lui creata negli anni 70/80. Ma ci sono alcuni aspetti sottolineati da Asor Rosa su cui vale la pena confrontarsi.
Mi sembra che la sua riflessione indugi troppo sugli aspetti legati al "buon governo" delle regioni storicamente di sinistra, trascurando i lati "oscuri" di questa vicenda, nonché l'involuzione politica, sociale e anche ambientale che ha caratterizzato in questi ultimi anni le regioni governate dal centrosinistra. Partiamo dal concetto di "buon governo". Toscana, Umbria, Marche (e la stessa Emilia-Romagna) hanno alle spalle indubbiamente esperienze di amministrazioni locali durante le quali si è affermato quel welfare che ha garantito, fino a poco tempo fa, ai cittadini servizi sociali e una qualità della vita invidiabili.
L'egemonia comunista e dei partiti frutto dell'evoluzione della specie hanno contrassegnato per decenni questi luoghi e lo fanno ancora. Ma se pensiamo agli anni '60 e soprattutto ai '70 queste realtà si contraddistinguevano anche per politiche sicuramente meno nobili e virtuose. Penso al modo con cui spesso il tessuto civico si rapportava agli studenti fuorisede o a quella generazione ribelle spesso osteggiata dal "partito" e da settori della sua base sociale. Una lacerazione che troverà l'apice nelle giornate bolognesi del '77. Insomma una realtà sociale con l'aspetto di un giano bifronte. Da un lato garantiva uno status quo ed espellendo la conflittualità sociale garantiva una pax sulla quale vigilava un conformismo spesso asfissiante, dall'altro offriva una rete efficiente di servizi territoriali. Un blocco sociale (e culturale) che però in questi anni si è disgregato, sotto l'incalzare delle reti lunghe della globalizzazione neoliberista, con effetti pesanti da molti punti di vista. Intanto quello ambientale. Anche negli anni del boom le nefaste scelte di uno sviluppo quantitativo e poco qualitativo si sono dispiegate nei territori, in particolare lungo la costa adriatica, dove la cementificazione ha massacrato veri e propri "luoghi dell'anima".
Venendo a tempi più recenti, Asor Rosa conosce benissimo, visto che è stato in prima fila nelle mobilitazioni, a che cosa ha portato la logica sviluppista degli amministratori del centrosinistra. La logica della grandi opere ha pervaso buona parte del ceto politico ex ulivista, con il risultato di intaccare quel patrimonio che era stato conservato per molto tempo proprio da quelle comunità agricole giustamente ricordate da Asor Rosa.
In queste regioni la Lega sta avanzando a vista d'occhio, come ha ben documentato l'interessante libro-inchiesta di Paolo Stefanini «Avanti Po». Forse la nostra attenzione andrebbe rivolta su più fronti, ambientale innanzitutto, che costruiscono un'altra politica e un'altra idea di (auto) governo.
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