La Festa dei Democratici di Perugia ha preso il via mercoledì sera con un dibattito dal tema assai accattivante: “Per lo sviluppo dell'Umbria: nuove sfide per il centro-sinistra”, interlocutori tutti i segretari regionali dei partiti della coalizione di centro sinistra. Si è parlato molto della situazione politica nazionale, delle diverse proposte di riorganizzazione del campo del centro sinistra (alleanza Democratica, nuovo e vecchio Ulivo), della necessità di darsi un programma, ma assai poco, se non di sfuggita, si è riflettuto sulle questioni dello sviluppo dell'Umbria, tranne riferimenti generici alla necessità di ridurre gli apparati burocratici/amministrativi e lavorare per aumentare il livello competitivo del sistema regione. Un'occasione mancata? Si, per certi versi, proprio un'occasione mancata, anche perché una serie di studi ed analisi apparsi di recente sulla situazione economica e sociale, da ultimo quello condotto da Sintesi per il quotidiano Il Sole 24ore, stanno modificando, ed in maniera significativa, giudizi consolidati, punti di vista ritenuti, a torto, non in discussione. In particolare la ricerca Sintesi prende in considerazione per ciascuna regione 40 indicatori, divisi in 8 aree tematiche (ambiente, demografia e famiglia, istruzione, mercato del lavoro, dinamiche economiche, salute, governance e credito), valutandone l'andamento tra il 2000 ed il 2009 in riferimento alla dinamica media nazionale. Va tenuto presente che questi indicatori ricalcano abbastanza fedelmente quelle individuati nel vertice di Lisbona per misurare gli avanzamenti dei singoli stati membri in termini di competitività ed innovazione. Fino a ieri il giudizio consolidato sulla vicenda umbra suonava pressappoco così: “L'Umbria è una piccola regione che nel corso degli anni sul piano economico è cresciuta, in alcuni periodi a tassi superiori a quelli medi nazionali, ciò ha permesso di non arretrare anche se le distanze (o il gap come si usa dire) con le realtà più avanzate del paese sono rimaste pressoché immutate”. Questa sorta di ritardo sul piano economico era ampiamente ricompensata dalla qualità dello sviluppo, nel passaggio dal PIL (Prodotto interno lordo) al BIL (Benessere interno lordo), gli indicatori per l'Umbria erano tutti più che positivi. Ora si inizia a scoprire una realtà un po' diversa (per la verità in tempi non sospetti qualcuno timidamente, forse troppo timidamente, aveva tentato di porre qualche interrogativo, si veda il documento programmatico della Federazione della Sinistra per le elezioni regionali). Si scopre, vedi studio Sintesi/Sole 24ore, che l'Umbria nel periodo 2000/2009 rispetto alle otto aree macrotematiche individuate solo in relazione al parametro demografico e condizioni delle famiglie presenta una situazione migliore di quella media nazionale accompagnata da una di miglioramento degli indicatori dell'area nel periodo considerato. In tutti gli altri casi il dato è negativo. Per l'ambiente e le dinamiche economiche l'Umbria non solo si colloca al di sotto della media nazionale ma presenta un peggioramento degli indicatori, negli altri casi (istruzione, mercato del lavoro, salute e governance) la collocazione è, in alcuni casi di pochi decimali, al di sopra della media nazionale, ma la dinamica degli indicatori si presenta negativa. Ultima area, il credito, che, pur posizionandosi al di sotto della media nazionale, presenta un quasi impercettibile miglioramento dell'indicatore (+0,08%). Ovviamente si può discutere dal punto di vista metodologico sul peso e sul segno dato a ciascun indicatore utilizzato, ma il quadro che emerge per l'Umbria è di una chiarezza tale che aggiustamenti (in alcuni casi aggiornamenti) dei dati e degli indicatori poco cambiano. Infatti il complesso di questi indicatori, che confermano analisi precedenti, da quelle del prof. Bruno Bracalente allo studio del prof. Luca Ricolfi “Il sacco del Nord. Studio sulla giustizia territoriale”, delineano un quadro ed una dinamica cristallina: in questi anni l'Umbria non è riuscita a recuperare i gap storici rispetto alle aree più dinamiche del paese, questo sopratutto in campo economico, come testimoniato, ma non solo, dall'andamento del PIL procapite, (i ritardi strutturali ai quali in non pochi documenti si fa riferimento), nelle altre aree macrotematiche, quelle che fanno la qualità della vita (il BIL cui prima si accennava) l'Umbria continua a tenere una posizione al di sopra della media nazionale, ma perde significativamente terreno. Sorprendente è il dato della qualità ambientale che, seppur riferito a soli tre, ma assai significativi, indicatori (emissioni CO2, raccolta differenziata, energia prodotta da fonti rinnovabili) vede un peggioramento della situazione umbra di ben 13,9 punti percentuali. Vale la pena ricordare che queste aree, molto più di quelle di carattere economico, sono assai sensibili e direttamente connesse a scelte di politica regionale e locale. Da qui la necessità che le forze politiche del centro sinistra in primo luogo prendano coscienza di questa situazione e corrano ai ripari. Anche qui, senza inutili allarmismi, la situazione non è disperata e disperante, certo si è in presenza di una tendenza negativa che va corretta, prima di entrare in una spirale di non ritorno. Si riunisca, allora, il tavolo regionale di centro sinistra e assieme al governo regionale si ragioni su come uscire da questa pericolosa china, che non dipende esclusivamente da responsabilità dei governi regionali e locali, ma rischia di travolgerli. Insomma si è ancora in tempo ma le scelte vanno fatte ora, non si può pensare di galleggiare. Condividi