Un paese scoraggiato, dove trovare un lavoro non "al nero" - specie per un giovane - è diventato talmente difficile che la maggior parte rinuncia persino a cercarlo. E' questa la fotografia dell'Italia che emerge osservando gli ultimi dati sull'occupazione forniti ieri dall'Istat. Numeri che segnalano l'esistenza di una vera e propria emergenza sociale che riguarda, soprattutto, la fascia di popolazione di età compresa tra 15 e 24 anni, dove il tasso di disoccupazione continua a salire: dal 25,7% del luglio 2009 al 26,6% del luglio di quest'anno. In pratica, più di un giovane su quattro è senza lavoro.
Il fatto che il tasso di disoccupazione risulti stabile all'8,4% è una magra consolazione, visto l'ulteriore calo del numero degli occupati (172mila in meno rispetto al luglio 2009). Se a ciò aggiungiamo la crescita del numero degli inattivi, che in Italia ormai sono quasi 15 milioni (per la precisione 14 milioni 948mila, il dato più alto dall'inizio delle serie storiche 2004), il quadro appare tutt'altro che roseo.
Non per il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, secondo cui invece l'Italia può ancora vantare «un differenziale positivo con l'Europa», dal momento che a luglio il tasso medio di disoccupazione nei paesi della zona Euro era del 10% e del 9,6% nell'Ue a 27. «La situazione rimane certamente preoccupante», ammette Sacconi ma bisogna guardare al futuro con ottimismo. Perchè il governo non se ne sta mica con le mani in mano. A breve infatti avvierà il confronto con le parti sociali sul Piano triennale per il lavoro varato nei primi giorni di agosto, con l'obiettivo di «arrivare tempestivamente a rilanciare il contratto di apprendistato per i giovani, a promuovere una formazione corrispondente alle competenze richieste, a sviluppare relazioni industriali cooperative e partecipative».
Le parole del ministro non rassicurano la Cgil. Di fronte a numeri così gravi «non si può continuare a rispondere che stiamo meglio della media europea», sbotta il segretario confederale Fulvio Fammoni. Anche perché «in Europa - ribatte Fammoni - il tasso di occupazione è più alto di dieci punti e non esistono questi livelli di lavoro irregolare e di inattività». Per favorire la ripresa economica e produttiva, occorrerebbe «dare stimolo ai consumi», ma «di tutto questo nei cinque punti di verifica di governo - osserva il dirigente della Cgil - non c'è traccia e la priorità restano le leggi "ad personam"».
Da Liberazione del 1 settembre 2010
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