Editoriale di Alessandro Cardulli
Marchionne, manager moderno, quasi riformista, ha tracciato il perimetro entro il quale tre lavoratori ingiustamente licenziati dalla azienda di Melfi potevano muoversi. Prima li ha fatti “accomodare” nella sala dei vigilanti, poi ha finto di dare risposta positiva alla sentenza con cui il giudice del lavoro ha ordinato il reintegro. Lo strattagemma usato, anche per consiglio di avvocati furbastri, mette a nudo la meschinità di un manager che creda di essere il padrone del mondo, con licenza di non rispondere alle leggi, ai contratti,la regole democratiche stabilite della Costituzione vigente nel paese d’origine della Fiat. Licenzia che gli è stata concessa e confermata da ministri come Sacconi e da sindacalisti del tipo di Raffaele Bonanni,segretario generale della Cisl, ormai intruppati in una politica padronale del governo, governo per di più in piena crisi.
Volevano reintegrare i tre operai ma nella “saletta sindacale”
Dice la Fiat: i tre operai vengono reintegrati perché noi garantiamo il salario. Non solo: tu Fiom dici che la sentenza con cui siamo stati condannati parla di provvedimenti antisindacali da noi adottati. Bene, anzi no. Comunque noi consentiamo loro di svolgere attività sindacale. Come? Dove? Ma nel luogo più adatto, nella “saletta sindacale”. Marchionne ha buttato così l’asso sul tavolo. Se era una vigliaccata quella di impedire ai tre lavoratori di entrare in fabbrica, si può dire che il manager moderno, quasi riformista, dalla padella cade nella brace.
Solo lui, in compagnia di Bonanni magari, può pensare di farla franca: un sindacalista di base esercita il suo ruolo solo se vive,lavora, soffre, lotta insieme agli altri operai. Il reparto, il turno, sono lo spazio e il tempo in cui vive un lavoratore, lo sono ancora di più per chi è stato eletto dai suoi compagni a tutela dei loro diritti. In fondo per uno come Marchionne che pensa di essere insieme, padrone, manager, sindacalista è già tanto aver messo a disposizione uno spazio per questi tre operai.
La finta critica di Bonanni (Cisl)
Singolare la “ critica” di Bonanni alla decisione della Fiat. Dice che sbaglia a non reintegrare i lavoratori ma non perché a questi tre operai deve essere resa giustizia. No, perché così cade nella trappola della Fiom e la rafforza. La realtà è che nella peggiore tradizione del gruppo del Lingotto ancora una volta si stende una specie di rete di recinzione attorno agli operai “ cattivi”, a “ facinorosi”, ai “ comunisti della Fiom”, si diceva ai tempi di Valletta e di Romiti. Allora questi lavoratori venivano isolati dagli altri in reparti confino. Oggi ai tempi di Marchionne, il manager globalizzato, li si considera appestati. Per loro neppure un finto reparto come era il confino. La saletta del sindacato con i vigilanti che controllano che non mettano piede dove ci sono gli altri lavoratori. Addirittura se,per caso, riuscissero ad entrare nel reparto mettendosi a lavorare potrebbe essere licenziati.
La "società" secondo il ministro Sacconi
Licenziati per aver lavorato, una assurdità tutta italiana che tanto piace al ministro Sacconi. Parlando alla festa di Comunione e Liberazione si intrattiene, dopo l’ormai nota tirata contro la Fiom e la Cgil di cui non merita parlare offre una lezione di economia. In effetti lui ne sa ben poco,ripete come in disco rotto “ meno stato più società”, la formula magica per il paese del bengodi tracciato da Berlusconi. Una società che licenzia gli operai, non rispetta le ordinanze dei giudici, ritiene la Costituzione, come dice Silvio cui si abbevera il ministro, come un pur formalismo. La Fiat è un “ esemplare” di questa società. Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte, Marco Pignatelli,hanno rifiutato l’isolamento nella saletta sindacale, un nuovo atto di grande dignità, rivendicano il loro diritto al lavoro. L’atteggiamento della Fiat verrà denunciato dagli avvocati della Fiom che ricorreranno alle vie legali. Il sindacato intanto con un volantino diffuso davanti ai cancelli della fabbrica,proclamando anche un primo sciopero, si è rivolto al Presidente della Repubblica e alle forze democratiche perché facciano rispettare le leggi . E’ il minimo che si possa fare per chi, come le tre tute blu, per chi non vuole cedere di un millimetro sul terreno della democrazia. Colpire i lavoratori, i sindacati che resistono, non svendono il loro patrimonio, è nella storia, non solo italiana, il primo passo per dar vita a regimi autoritari. Non ci stiamo. Quando Baruzzino, rivolto a Napolitano, dice “Non ci faccia vergognare di essere italiani” rivolge un monito che deve parlare a tutti noi.
Da dazebao.org
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