“Io sono nel PdL, anche se di un PdL che vorrei diverso. Non sono fautore dell’idea di rifare un altro partito. Ho aderito al PdL convinto che fosse l’unica scelta possibile. Ma nel partito che vorrei non devono essere quattro amici a decidere. E’ necessario un dibattito interno e se per animare questo si costituisce una minoranza io vi aderisco”. “Non accetto ultimatum da parte di nessuno. Le mie decisioni le prendo liberamente. Sono iscritto al PdL e resto iscritto al PdL fin quando autonomamente non deciderò diversamente. Nessuno da nessun pulpito, è titolato a dirmi da che parte stare. Ripeto sto dalla parte del PdL, del mio PdL che spesso non è quello di chi lancia ultimatum”. “Il PdL non è quello delle ultime elezioni regionali, non è neppure quello che ha deciso i coordinamenti comunali e costituito gli organi del partito. Non mi sento in sintonia con certe scelte e quindi, in questo senso, quel partito non è il mio partito. Ma io sono del PdL e ad esso credevo quando loro andavano in giro a sbandierare il loro orgoglio finiano. Ho sempre sostenuto che l’unica strada era mettere insieme FI e AN e tuttora ne sono convinto. Ovviamente pensando ad un partito normale nel quale si possa discutere, non uno dove a decidere sono in tre o quattro e dove i coordinatori vengono scelti durante la campagna elettorale, della serie “io ti nomino coordinatore se tu mi dai i voti”. E’ un partito normale quello che perde con 20 punti di distacco e non fa una riunione per discutere e capire cosa è successo, perché si è perso?”. “ Non è normale. E per ristabilire la normalità l’unico modo era di smarcarsi da questo modo di gestire il partito”. “Più che ottimista vedo la necessità di un accordo. Ma se l’accordo non sarà possibile siamo pronti ad affrontare la situazione e a spiegare ai cittadini perché saremo costretti a fare un altro partito”. Condividi