Archiviati con la riforma dell'Ater i primi mesi del regno di Catiuscia I, il Prc di Perugia approfitta della pausa agostana per lanciare qualche segnale agli alleati e qualche proposta in tema di sanità, in attesa che a settembre riparta, auspicabilmente, il treno delle riforme. A fare il punto questa mattina sono stati il segretario provinciale del partito Enrico Flamini e il responsabile del partito per la Sanità Carlo Fabbri.
Secondo Flamini le ferite della mannaia di Tremonti si faranno sentire anche su “una sanità come quella umbra – dice – che è tra le migliori in Italia. Basti pensare all'assessore Riommi che qualche settimana fa ha parlato di rischi per la tenuta del sistema, con risorse che aumentano dello 1,08% ma con un'inflazione sanitaria che viaggia intorno al 4%. Il Prc però, da forza di governo responsabile, non si pone solo sul piano della protesta ma anche su quello della proposta”.
La mini-rivoluzione in campo sanitario la illustra Carlo Fabbri, tornando su temi già toccati nella chiacchierata con Umbrialeft di qualche settimana fa (per leggere clicca qui
http://www.umbrialeft.it/node/40260). Il primo punto riguarda la messa a rete delle strutture ospedaliere: “Non tutte – dice – possono essere dotate delle stesse attrezzature, il che non significa fare ospedali di serie A e di serie B. Ha senso – si chiede - avere un solo otorinolaringoiatra in due diverse strutture? Se uno si sente male durante un'operazione l'intervento chi lo finisce? Non sarebbe meglio accorpare tutto in un'unica struttura creando così vari poli?”.
Oltre poi alla riduzione delle aziende sanitarie da sei a quattro (vecchio cavallo di battaglia del Prc), lasciando quelle di Perugia, Terni, Città di Castello e Foligno, Fabbri si concentra poi sul “problema annoso” delle liste d'attesa. Secondo Fabbri è fondamentale che “ogni azienda faccia il censimento delle proprie risorse per poi indirizzare i pazienti proprio in base a queste ultime”. I medici di base poi dovrebbero prestare più attenzione alle prescrizioni: “Per fare un esempio – dice Fabbri – su cento gastroscopie prescritte alla fine viene fuori che erano necessarie in 7 o in 10 casi”.
Un giro di vite poi andrebbe praticato intorno alle attività intramoenia: “Spazi in azienda, e penso ad esempio al Giochetto, ce ne sono eccome, ma nessun medico ci vuole andare. Ovviamente, controllare l'intramoenia fatto fuori dall'ospedale non è così semplice”. La spesa farmaceutica poi “va valutata con criteri internazionali abbandonando quello del tetto massimo”. Per quanto riguarda poi le infrastrutture tecnologiche Fabbri invita ad abbandonare “il comodato d'uso: in questi casi infatti l'azienda produttrice obbliga ad usare solo il materiale da lei prodotto”.
Un punto su cui Fabbri giudica l'Umbria carente è quello della medicina di supporto: “Le malattie croniche ad esempio – dice – vanno supportate con politiche migliori”. Una medicina d'urgenza invece “manca del tutto, ma bisogna al contempo chiuderne altre che fanno le stesse cose”. Il problema poi è andarlo a dire ai primari delle strutture da chiudere. Tema che si innesta alla perfezione con quello del rinnovo della convenzione tra Università e Regione: “Per tenere aperte certe strutture – ammonisce Fabbri – qualcuno se ne deve fare carico, non possono pagare tutto i cittadini”.
E l'assessore Riommi che ne penserà di queste proposte? “Visto il buon inizio della giunta Marini – risponde diplomaticamente Flamini – siamo sicuri che si potranno produrre forme di risparmio senza intaccare i servizi”. Tradotto, noi il nostro sull'Ater l'abbiamo fatto, ora tocca agli altri rimboccarsi le maniche.
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