Condivido la proposta di Franco Calistri, portavoce regionale umbro di Socialismo200. Abbiamo incentrato la campagna elettorale della Federazione della Sinistra alle regionali sulle questioni del lavoro. Da tempo abbiamo sviluppato iniziative concrete, anche legislative, per un piano regionale per il lavoro e per misure anticrisi come l’istituzione del reddito sociale.
In autunno è possibile prevedere un aggravarsi della pressione sul mondo del lavoro di una crisi economica e finanziaria che ancora sta dispiegando i suoi effetti negativi a livello planetario. L’Umbria è pesantemente colpita, con crisi aziendali che si approfondiscono sempre più e con un mercato del lavoro che si sostiene solo grazie al ricorso massiccio alla cassa integrazione e alla mobilità. L’emergenza lavoro è reale e la boma disoccupazione rischia di deflagrare con pesantissime conseguenze sul tessuto economico e produttivo regionale. I tagli della manovra di Tremonti acuiscono le difficoltà. Soltanto interventi programmatori di lungo periodo e strutturali possono garantire di affrontare efficacemente la situazione. Non possiamo più indugiare e al più presto dobbiamo riattualizzare le proposte che unitariamente abbiamo avanzato per un Piano regionale del lavoro.
In autunno,allora, diamo vita ad un incontro tra le forze politiche, sociali, sindacali, culturali dell’arcipelago della sinistra, insieme ai comitati per l’acqua, alle associazioni e ai movimenti per elaborare le proposte del Piano regionale del lavoro.
Ma impegnamoci fin da subito perché l’attuale situazione politico sociale richiede sforzi enormi. Il nostro Paese, infatti, sta vivendo in questi ultimi due anni una fase estremamente difficile, segnata da una grave crisi economica e sociale, di cui ancora non vediamo la reale portata in termini di attacco allo stato sociale e alle condizioni di vita e di lavoro delle classi subalterne, alla quale ora si aggiunge una crisi politica ed istituzionale dai contorni ambigui e potenzialmente foriera di una regressione pesante per la tenuta del quadro delle garanzie e degli istituti della democrazia.
Diverse insidie, inoltre, incombono sul futuro politico. La manovra finanziaria varata da Tremonti fa parte di una gigantesca stretta di politica economica a livello europeo che punta a smantellare lo stato sociale e ad abbattere il costo del lavoro, scommettendo ancora una volta sulle miracolose potenzialità del mercato e dell’impresa. Tradotto in soldoni, questo significherà migliaia di posti di lavoro in meno, quando verrà meno il ruolo di tampone degli ammortizzatori sociali, discoccupazione di massa di lungo periodo e contemporaneamente assolutizzazione della libertà di impresa, le cui avvisaglie si vedono già nel comportamento di Marchionne e della Fiat, che cancellano i contratti collettivi, stravolgono le relazioni sindacali, minacciano delocalizzazioni e subordinano gli investimenti alla completa disponibilità della manodopera alla volontà aziendale, cioè impongono la sottrazioni di diritti conquistati con anni di lotte.
A questo si aggiungono l’attacco alla legalità portato dall’entourage di Berlusconi più incline all’intreccio politica-affari e lo smantellamento del tessuto unitario del nostro ordinamento sferrato dall’egoismo del federalismo leghista, che sempre più vuole salvaguardare gli interessi di una parte del Paese a scapito della collettività e di un impianto solidaristico alla base della nostra Carta costituzionale.
Di fronte a queste pericolose offensive di stampo reazionario, non si staglia alcun baluardo a difesa della democrazia, dei diritti del lavoro, dello stato sociale, dell’impianto costituzionale. Manca una reale opposizione politica, e qui si sconta drammaticamente l’assenza della sinistra dal parlamento, e a livello sociale la mobilitazione è circoscritta allo straorinario operato della Fiom, punto vero di resistenza da cui ripartire per la costruzione di una prospettiva di sinistra antiliberista e per un autonomo punto di vista del mondo del lavoro. L’Italia dei valori, paladina dell’antiberlusconismo, rischia di veder annacquato il suo ruolo da Futuro e libertà, la vetta attuale dell’opposizione al premier, il Pd ha addirittura avallato l’accordo di Pomigliano, mentre il populismo grillino o il popolo viola sono praticamente scomparsi di fronte all’attacco sociale del governo delle destre.
Ci sono segnali di disgelo, come appunto le lotte di Pomigliano e la mobilitazione degli operai metalmeccanici degli altri stabilimenti Fiat (Melfi e Mirafiori) sostenuti dalla Fiom, ma c’è anche lo straordinario risultato raggiunto dalla raccolta di firme per la ripubblicizzazione dell’acqua, che ci indicano reali e forti potenzialità di mobilitazione e di resistenza e come la società italiana sia ancora lontana dall’essere pacificata o anestetizzata dal conflitto orizzontale della guerra tra poveri.
E dentro queste coordinate si gioca la partita della Sinistra che deve ricostruire un profilo autonomo dal centrosinistra, di critica antiliberista, contro le politiche di Confindustria, contro il berlusconismo e di difesa del mondo del lavoro e di allargamento dei diritti sociali e civili.
Cacciare Berlusconi è la priorità attuale. Per questo ci opponiamo a ipotesi di governi di transizione, che come già successo in passato, con appoggi trasversali, attuerebbero profonde politiche antisociali per gestire la crisi, e avanziamo a tutte le forze di opposizione un accordo elettorale e non di governo in base al quale costruire una alleanza democratica, che difenda l’impianto costituzionale e definisca una legge elettorale che superi il bipolarismo forzato, che ha fallito miseramente.
Ma cacciare Berlusconi non è sufficiente, occorre sconfiggere il berlusconismo e il darwinismo sociale di stampo leghista. Un obiettivo che si raggiunge solo ricostruendo una vera opposizione e una forza politica di Sinistra. Noi siamo impegnati nel percorso di costruzione della Federazione della Sinistra, insieme ai compagni del Pdci, di Socialismo 2000 e di lavoro e solidarietà, e entro dicembre terremo il congresso costitutivo della nostra nuova casa, punto di partenza per una inversione di tendenza necessaria alla deleteria tendenza alle divisioni che ha caratterizzato la sinistra nell’ultimo ventennio in Italia. Ma occorre fare di più e aprire una stagione di dialogo più ampia che sappia parlare il linguaggio dell’unità di tutte le forze della sinistra di alternativa e antiliberista (Sinistra critica, SeL, Sinistra democratica, Ars, rete dei comunisti, Pcl, ecc), a partire davvero dalle mobilitazioni per la salvaguardia dei beni comuni e dalla difesa dei diritti del mondo del lavoro.
Per questo non solo condivido la proposta di Franco Calistri, ma credo che dobbiamo fare presto, partendo dall’Umbria sperimentare ancora una volta un laboratorio che sappia parlare a tutta la sinistra italiana. Il tema del lavoro è centrale per riunire tutta la sinistra di alternativa e per preparare la grande mobilitazione del 16 ottobre insieme alla Fiom.
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