di Fulvio Lo Cicero
Fondò una piccola casa editrice che si affermò da subito per la raffinatezza delle scelte. Il suo nume tutelare fu Leonardo Sciascia. La “memoria” fu il suo orizzonte, dove cercò una letteratura colta, conciliando l’impegno con gli equilibri economici della piccola azienda familiare
PALERMO – È morta ieri a Palermo Elvira Giorgianni Sellerio. Aveva 74 anni. Nel 1969, insieme al marito Enzo Sellerio (un apprezzato fotografo) aveva fondato, su suggerimento di Leonardo Sciascia e Ignazio Buttitta l’omonima casa editrice, che nasceva, come scriveva l’autore di “Todo Modo”, per riscoprire la “cultura amena”, cioè una cultura il cui «impegno è implicito e non esplicito, quindi una cultura della leggerezza, che non rinuncia all'eleganza, una cultura delle idee, sì, ma in forma di cose belle». Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, appresa la triste notizia della scomparsa di Elvira Sellerio, ha espresso in un messaggio al figlio Antonio i propri sentimenti di commossa partecipazione al dolore suo e di tutti i famigliari, nel ricordo della splendida figura della madre che - ha scritto il Capo dello Stato - «ho considerato amica e collaboratrice». «È stata donna di grande finezza e intuito culturale, editrice coraggiosa e lungimirante, animata da forte passione civile. Il senso dell'interesse pubblico con cui accettò da me e dal presidente Spadolini la nomina a membro del Consiglio di amministrazione della Rai e lo sforzo con cui si applicò a quell'impegno per lei inconsueto - ha concluso Napolitano - rimangono un assai caro ricordo e motivo di rimpianto».
Un nome “tangenziale” per l’asfittica editoria italiana, una donna che aveva saputo conciliare impegno e razionalità economica, riuscendo là dove molti altri erano falliti. La morte di Elvira Sellerio si caratterizza per la scomparsa di una imprenditrice che era riuscita ad attrarre uno dei più grandi scrittori italiani del Novecento, Leonardo Sciascia, che avrebbe pubblicato tutti i suoi libri con la piccola casa editrice siciliana, rifiutando anche offerte miliardarie (come quella venutagli da Mondadori) negli ultimi anni della sua vita. Ma non solo. Fin quando Sciascia fu in vita, aveva seguito i suoi consigli, scoprendo, fra gli altri, un appartato scrittore quali Gesualdo Bufalino che, con “Diceria dell’untore” avrebbe vinto inaspettatamente il Campiello nel 1981. Ma anche dopo la scomparsa del racalmutese, la casa editrice non fece mai scelte banali, fedele ad un’idea di scrittura che doveva privilegiare, più che il realismo fine a se stesso, la costruzione ironica, il racconto a tesi, l’apologo, la narrativa saggistica. Un esempio fu il grande successo di “L’affaire Moro”, il “pamphlet” sciasciano con il quale il grande scrittore sconfessava l’ipocrisia della Democrazia Cristiana, il “partito della fermezza” sulla base del ragionamento storico e politico.
Elvira Sellerio fu anche dotata di grande fiuto. Agli inizi degli anni Novanta, la casa editrice si ritrovò in gravi difficoltà finanziarie, in un panorama editoriale dove costi di distribuzione e investimenti pubblicitari consentivano soltanto ai grandi gruppi la sopravvivenza e la tenuta dei bilanci. Fu proprio in quel periodo che maturò la scoperta di Andrea Camilleri. Uomo di televisione, grande affabulatore e narratore, Camilleri inventò un nuovo linguaggio e soprattutto un nuovo personaggio, il commissario Montalbano. Il successo fu tale che la Sellerio riuscì a superare brillantemente la crisi ed anzi il ciclo dei romanzi di Camilleri divenne il fenomeno editoriale della fine del secolo. «Negli anni Novanta la Sellerio, che aveva cominciato a pubblicare i miei libri, era in gravi difficoltà finanziarie, quando arrivò, a salvarla, e me con lei, il commissario Montalbano, come il VII Cavalleggeri in un vecchio western», ha ricordato recentemente lo scrittore siciliano. Per capire il fenomeno di Camilleri, sarà sufficiente dire che, complessivamente, i suoi libri venduti hanno superato la soglia dei cinque milioni soltanto in Italia e le traduzioni sono arrivate perfino in Giappone.
Ma di esempi del grande fiuto di Elvira Sellerio e dei suoi collaboratori se ne potrebbero fare parecchi. Uno di questi è senza dubbio la riscoperta di uno scrittore vittoriano come Anthony Trollope (1815-1882), finora snobbato dai grandi editori rispetto a Dickens ma considerato dai critici perfino superiore all’autore di “Il circolo Pickwick”. Di Trollope la Sellerio ha praticamente pubblicato quasi l’intera narrativa, contribuendo alla sua riscoperta in Italia.
Fu anche grazie al suo fiuto, alla raffinatezza delle sue scelte, che una piccola casa editrice è riuscita non solo ad emergere ma a diventare un punto di riferimento non soltanto italiano. Una casa editrice “di provincia” che, proprio grazie alla sua fondatrice, divenne il punto di incontro di correnti letterarie, riscoperte, rivoluzioni.
Da dazebao.org
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