“La Giunta regionale non può avere maggiore autorevolezza rispetto al Ministero della Salute. Pertanto si attenga alle linee di indirizzo dettate dal Consiglio Superiore della Sanità che, per la somministrazione della pillola abortiva RU486, prevedono il ricovero ospedaliero”. È quanto chiedono all’Esecutivo regionale, attraverso una mozione, i gruppi consiliari del Pdl, Lega nord e Udc. L’atto è stato presentato stamani, in una conferenza stampa, a Palazzo Cesaroni.
La mozione, che sarà discussa in Aula dopo la pausa estiva, è stata illustrata da Alfredo De Sio (Pdl) che ha ricordato, in merito alla somministrazione della pillola, i tre pareri espressi dal Consiglio superiore di sanità (Css). “Nel primo (18 marzo 2004), si afferma .- sottolinea l’esponente del Pdl - che ‘alla luce delle conoscenze disponibili, i rischi dell’interruzione farmacologica di gravidanza si possono considerare equivalenti ai rischi dell’interruzione chirurgica, solo se l’interruzione di gravidanza avviene in ambito ospedaliero’. Nel secondo parere (20 dicembre 2005) – aggiunge - si afferma che ‘l’associazione di mifepristone e misoprostolo debba essere somministrata in ospedale pubblico o in altra struttura prevista dalla predetta legge e la donna debba essere ivi trattenuta fino ad aborto avvenuto. Nel terzo (18 marzo 2010) si dichiara che il Css ‘ritiene necessario, al fine di garantire il rispetto della legge ‘194/78’ su tutto il territorio nazionale, che il percorso dell’interruzione volontaria di gravidanza medica avvenga in regime di ricovero ordinario fino alla verifica della completa espulsione del prodotto del concepimento’. I rischi per la donna che assume la pillola, – ha continuato De Sio - sono superiori rispetto all’aborto chirurgico. Chiediamo che vengano applicate in modo corretto le linee guida della legge 194/78”.
I consiglieri del centro destra hanno anche ricordato che “nella indagine conoscitiva svolta dalla commissione Sanità del Senato, (26 novembre 2009), la Commissione ha, di fatto, specificato nelle sue conclusioni che ‘per quanto riguarda la compatibilità con la normativa vigente e come peraltro indicato dai due pareri del Css, l’intera procedura abortiva, nelle sue fasi, sia effettuata in regime di ricovero ordinario. Anche lo schema alternativo di documento conclusivo della stessa indagine conoscitiva, - hanno evidenziato - presentato dai senatori di minoranza Finocchiaro, Bianchi, Bassoli, Bosone, Cosentino, Chiaromonte, Ignazio Marino e Soliani cita come sia: ‘essenziale che il Governo, con le linee guida, realizzi precisi impegni. In particolare […] lo svolgimento della intera procedura abortiva, nelle due diverse fasi’, confermando perciò – dicono - l’indicazione del regime di ricovero ordinario, nella consapevolezza che esistono specifiche implicazioni, legate sia al rischio clinico che di carattere psicologico, che vanno affrontate con strumenti adeguati”.
Nel corso della conferenza stampa è stato anche ricordato come lo stesso ministro, Maurizio Sacconi, in una lettera alla Commissione europea abbia sottolineato che ‘…la vendita, la fornitura e l’uso della specialità Mifegyne, nota anche come pillola Ru486, per uso abortivo, è subordinata al rispetto delle condizioni di seguito indicate’ e che ‘l’intera procedura abortiva, e fino all’accertamento dell’avvenuta espulsione dell’embrione, deve essere effettuata in regime di ricovero ordinario nelle strutture sanitarie, in presenza di una specifica sorveglianza da parte del personale sanitario cui è demandata la corretta informazione sul trattamento, sui farmaci da associare, sulle metodiche alternative disponibili e sui possibili rischi del metodo, in particolare relativi alla eventuale richiesta di dimissioni anticipate della paziente’.
“Questo tema – ha detto il capogruppo Udc Sandra Monacelli – non ha colore politico. Noi siamo per il diritto alla vita e alla salute. In questo momento sentiamo il pericolo di una deriva che porta all’aborto ‘fai da te’ e a domicilio. Invitiamo pertanto l’assessore regionale alla Sanità, Vincenzo Riommi, ad attenersi ai pareri del Ministero e alle sue linee vincolanti, perché la pratica abortiva è delicata e pericolosa. Il nostro è un grido di allarme come quello lanciato dal Forum delle famiglie e dei comitati Scienza e vita. Rivendichiamo che in Italia ci possa essere pari diritto alla salute”.
Per Gianluca Cirignoni (capogruppo Lega nord) “la somministrazione della pillola RU486 deve essere praticata esclusivamente attraverso il ricovero ospedaliero, per garantire innanzitutto la salute della donna e per l’applicazione delle direttive del Consiglio superiore di sanità e comunque in ossequio anche alla legge 194/1978. Con questa mozione vogliamo mettere l’assessore Riommi e la Giunta di fronte alle loro responsabilità”.
Maria Rosi (Pdl), come del resto anche gli altri consiglieri della minoranza, temono “un blitz estivo della Giunta” sulle norme per la somministrazione della pillola e questo “è stato anche un motivo per la presentazione della mozione”. Rosi ha ricordato che “la stessa presidente della Regione, Catiuscia Marini, si è impegnata pubblicamente a rispettare le indicazioni nazionali. Quanto affermato dall’assessore, però, ci lascia stupiti. Il nostro auspicio e il nostro impegno è quello di non lasciare sole le donne”.
Fiammetta Modena (Portavoce Pdl-Lega nord) ha detto che anche questa iniziativa “fa parte del lavoro che i due gruppi consiliari stanno portando avanti con impegno all’interno del progetto ‘Officina’, che si occupa di questioni specifiche relative al governo della nostra regione. Quello della difesa della salute delle donne è stato un nostro impegno preso con gli elettori in campagna elettorale. Teniamo a mantenerlo e per questo, in merito alla somministrazione della RU486, se necessario faremo battaglie in ogni sede”.
Alla conferenza stampa ha preso parte anche Massimo Monni
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