“Per i rapporti tra Università di Perugia e sistema sanitario regionale è un momento cruciale, legato al rinnovo della convenzione che regola i rapporti tra i due enti”. Inizia da qui la chiacchierata di Umbrialeft con Carlo Fabbri, responsabile dell'Area Sanità per il Comitato provinciale del Prc di Perugia. Una chiacchierata sui punti della convenzione da rivedere “ma senza fare populismi: più che di sprechi io parlerei di migliore allocazione delle risorse a tutto vantaggio del cittadino”.
Secondo Fabbri il primo punto da affrontare è quello relativo “all'eliminazione delle duplicazioni, non infrequenti a livello universitario sia a Perugia che a Terni”. Qualche esempio? “Abbiamo – risponde Fabbri – due due medicine nucleari a Perugia quando ne sarebbe sufficiente una. Proseguendo con gli esempi si potrebbe parlare dei tre reparti di chirurgia dei quali uno ospedaliero e due universitari. Perché – si chiede Fabbri – non se ne possono fare semplicemente uno e uno?”.
Tutto questo, secondo il rifondatore, è legato ad una sorta di ancién regime in cui ancora l'Università si trova immersa: “Da questo punto di vista – sostiene Fabbri – l'Università non si è messa al passo coi tempi”. Nelle fasi che porteranno al rinnovo poi, secondo Fabbri, “sarebbe auspicabile che le due parti si affrontassero su un piano di parità, così che le scelte dell'una possano essere valutate anche dall'altra”.
Un altro discorso poi andrebbe fatto intorno ai metodi di reclutamento del personale dirigente: “Come criterio principale infatti – spiega Fabbri – il sistema sanitario nazionale deve assumere quello relativo all'attività clinica e di ricerca svolta dal candidato nel corso degli anni. Nell'ambito universitario invece, giustamente, al primo posto viene messa l'attività di ricerca e didattica”. Secondo Fabbri però “il problema è che non sempre ad un curriculum scientifico di altissimo valore corrisponde una praticità clinica adeguata al ruolo di apicale”.
Scendendo più terra-terra “non è possibile cioè creare un nuovo reparto solo sulla base delle valutazioni dell'Università”. Come corollario a questo ragionamento c'è anche un fattore relativo ai costi, perché “se è vero che lo stipendio di un apicale universitario viene pagato per un novanta per cento dall'Università e per il restante dieci dalle casse regionali, è altrettanto vero che tutto il resto, ossia infermieri, posti letto, farmaci e tutto ciò che è necessario al funzionamento del reparto viene pagato dai cittadini”.
L'ultima parte della chiacchierata riguarda un tema sempre in voga, ossia quello della gestione delle strutture ospedaliere periferiche: “Quello che voglio dire – spiega Fabbri – è che in un'ottica di migliore allocazione delle risorse non possiamo sempre mettere come priorità la limitazione o lo smantellamento delle strutture periferiche pensando che il centro riesca sempre a far fronte a tutto. La priorità è razionalizzare i vertici: solo a quel punto valuteremo i tagli alla periferia. Sono certo – conclude – che il rettore con la sua lungimiranza riuscirà a raggiungere questi obiettivi”.
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