I dati forniti qualche giorno fa dalla Provincia di Perugia sul settore delle attività estrattive risulta interessante e particolarmente utile per comprendere bene la mole dell’intervento e la quantità di materiale che verrà estratto a Gualdo secondo le stesse previsioni inserite nel progetto della Giunta delle destre di riaprire le cave di Vaccara, con l’improbabile scusa del risanamento ambientale. Bastano infatti questi dati per far capire ad ogni cittadino gualdese, ma anche a chi dovrà pronunciarsi sulla congruità giuridica ed amministrativa e sull’inopportunità economica ed ambientale di tale scelta, l’impatto della medesima sull’ambiente montano della nostra Città. L’incidenza dell’intervento che si prevede a Gualdo sull’intero sistema provinciale delle attività estrattive può essere facilmente calcolato in base ai dati forniti dalla Provincia e ci parla di un intervento comunque spropositato, inusuale e massiccio di estrazione di una quantità ingente di materiale per una singola impresa che non trova alcuna giustificazione nel fabbisogno locale e produrrebbe conseguenze imprevedibili ancorchè dannose sotto il profilo economico e della concorrenza per le imprese umbre attualmente operanti nel territorio della nostra Provincia.
Se infatti consideriamo che il progetto della Giunta gualdese prevede l’estrazione di 2.700.000 metri cubi di materiale dalle colline sovrastanti la frazione di Vaccara, considerando le stesse stime scientifiche dei geologi che concordano nel considerare una variazione tra i 13 e 17 quintali per metro cubo di materiale estratto a seconda della natura e della tipologia di questo, prevedendo una media probabile di 15 quintali a metro cubo di materiale estratto, si consentirebbe il prelievo di ben 4.050.000 tonnellate di montagna gualdese nei 10 anni di attività programmati.
Proprio dai dati forniti dalla Provincia si rileva che per l’anno 2009, comprendendo nella stima tutti i 69 giacimenti di cava attivi nell’intero territorio di riferimento, sono state estratte oltre 3 milioni e 221 mila tonnellate di materiale. Ciò significa che tutte le imprese operanti in questo settore nell’intera Provincia di Perugia estraggono in un anno all’incirca solo il 79,5 % di quanto ad una sola impresa, in un solo giacimento di cava, si consentirebbe di estrarre in 10 anni di attività. Per dare un’idea più precisa possiamo anche considerare che in un anno, ad una sola impresa, da un solo giacimento di cava, si consentirebbe di estrarre all’incirca il 12,5 dell’intero materiale estratto da tutto il resto delle imprese del settore, nell’intero territorio provinciale, ma da ben 69 giacimenti di cava attivi. Uno sproposito, per l’appunto; un intervento che non può certo essere annoverato come semplice risanamento ambientale ma che, per le modalità operative con cui si intende procedere, per gli obiettivi economici che si prefigura e per i numeri che abbiamo voluto ricostruire si pone come invasivo e ad alto rischio ambientale sia perché si attiverebbe a ridosso di un sito archeologico di assoluto pregio sia perché l’attività estrattiva si configura nelle vicinanze di un’importante falda sorgiva, sia perché essa si sviluppa, con le attività correlate di trasporto, nelle immediate vicinanze di centri abitati.
Esso e i profitti ingenti che da esso conseguiranno non trovano giustificazione né nei cosiddetti investimenti iniziali con cui l’azienda marchigiana ha inteso a suo tempo acquisire l’area con il vincolo del risanamento né nelle ricadute occupazionali minime, pressochè nulle, che si prevedono da questo intervento e stimate nell'ordine delle 4-5 unità produttive.
L'alto costo ambientale, l'impatto indiscutibilmente negativo che l'attività produrrà sulla qualità della vita delle popolazioni residenti nelle aree limitrofe all'area interessata dal giacimento di cava, le stesse conseguenze di ulteriore destabilizzazione del settore delle attività estrattive delle imprese umbre e della nostra provincia già fortemente provate da una crisi pesante che ne sta compromettendo la capacità di resistenza e che ne sta falcidiando i livelli occupazionali, sono tutti elementi che il TAR dell'Umbria dovrà considerare attentamente prima di pronunciarsi definitivamente. Proprio quest'ultima considerazione, visti i dati preoccupanti dell'andamento del settore negli ultimi due anni, deve essere raccolta dalle stesse Associazioni umbre di impresa affinchè possano comprendere bene i rischi economici che una tale scelta, se dovesse trovare concretizzazione, porterebbe con sè a sicuro danno dei loro associati e dichiarare conseguentemente la loro ostilità.
Il Comune di Gualdo Tadino, nonostante questi rischi evidenti e nonostante le ricadute economiche ed occupazionali insignificanti per la nostra Città almeno rispetto ai profitti che si creerebbero per l'azienda di fuori Regione, ha inteso monetizzare l'ulteriore sventramento di un bel pezzo di montagna, accontentandosi delle briciole. Non soddisfatta di ciò, la Giunta Morroni ha fondato il suo bilancio di previsione e i suoi programmi futuri di investimento sulle previsioni di entrata nelle casse comunali dei proventi di questo intervento. Questo atto denota miopia politica ed irresponsabilità amministrativa, sancisce un'imprudenza di troppo, certifica una mancanza di pudore, costituisce un artifizio di finanza fin troppo creativa e si pone come una scelta grave ed irrispettosa dei percorsi giudiziari di natura amministrativa cui il provvedimento è tuttora sottoposto.
Questi ulteriori elementi posti a fondamento della nostra opposizione a questa che risulta essere l'unica scelta di un qualche peso compiuta fin qui dalla Giunta gualdese in un anno di mandato, li mettiamo oggi a disposizione dei cittadini gualdesi perchè possano conoscere in dettaglio i rischi per la nostra comunità; domani li metteremo a disposizione del TAR perchè possa fondare ogni sentenza su tutti gli elementi di valutazione in nostra disponibilità e su ogni questione tuttora aperta che il progetto di riapertura delle cave varato dal Consiglio comunale non ha minimamente chiarito.
Gualdo, di fronte alla sua crisi strutturale dalle larghe dimensioni e dalle imprevedibili conseguenze, necessita di intraprendere una volta per tutte altre vie a fondare un modello di sviluppo sostenibile che recida i legami con il passato anche recente e scommetta su altre possibilità economiche che non siano le scorciatoie delle cave ma che ad esse, per tanti versi, siano del tutto alternative. La stessa crisi pesante delle attività estrattive ci danno il senso di un giudizio, in primo luogo economico, estremamente negativo sul contributo che queste possono dare per risalire eventualmente la china e garantire occupazione.
La scelta della Giunta contraddice in tutto le sue premesse politiche e le sue promesse elettorali, almeno per quanto riguarda un pezzo consistente e fondamentale della sua maggioranza. Di fronte agli ulteriori elementi di valutazione ed alle stime fornite in questo intervento e di fronte ai rischi ambientali, sociali ed economici che il provvedimento comunque tuttora sub iudice porta con se, chiediamo che nessun passo avanti venga compiuto dall'Amministrazione comunale di Gualdo Tadino in sede autorizzativa, per quanto possibile a norma di legge, almeno fino alla discussione di merito prevista al TAR per il 6 ottobre prossimo.
Ai magistrati amministrativi che dovranno decidere a questo proposito ed emettere di conseguenza la sentenza chiediamo che, nel pieno ed assoluto rispetto delle loro alte funzioni e nella più puntuale e responsabile adesione al dettato delle leggi e delle normative, abbiano a cuore e tengano in dignità il bene comune dei gualdesi e dell'Umbria intera, il loro ambiente naturale e la loro qualità della vita nel confronto con le pur legittime, almeno sotto il profilo economico, aspettative di un'azienda.
Il Capogruppo PRC SE
Sinistra Unita per Gualdo
Gianluca Graciolini
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