''Spero che alla fine prevalga il senso delle istituzioni e che comunque soluzioni si trovino'': lo ha detto ai giornalisti il rettore dell'università degli studi di Perugia, Francesco Bistoni, prima dell'assemblea indetta stamani per dare voce alla protesta dei ricercatori contro il ddl Gelmini e la manovra economica alla presenza di docenti universitari, presidi e studenti. Una protesta cominciata con l'adozione, lo scorso 8 aprile, di un documento con cui i ricercatori hanno ritirato la disponibilità a svolgere i corsi di insegnamento loro affidati, che rappresentano, come approssimato dal coordinamento, circa il 40 per cento dell'offerta formativa dell'ateneo. Già in nove facoltà su un totale di undici, anche se in due casi (Scienze della formazione e Scienze matematiche, fisiche e naturali) si attende la ratifica dei consigli di facoltà, l'adesione alla protesta coinvolge l'85 per cento dei ricercatori. La percentuale, si stima, si aggirerà intorno al 64 per cento una volta che si saranno espresse anche Medicina e Giurisprudenza. Anche per l'Università degli studi di Perugia si prospetta quindi il rischio di tagli all'offerta formativa. ''Cercheremo di interloquire con le istituzioni per capire come risolvere un problema che è dell'università tutta, e non solo dei ricercatori - ha detto Bistoni -. Bisogna capire come salvare questo patrimonio culturale, in un momento in cui tutto si gioca sulla competizione tra atenei senza sapere con quali finanziamenti andare avanti''. Con il manifesto degli studi già varato, Bistoni non dimostra di dare da subito per scontato il venir meno dell'apporto dei ricercatori: ''Se l'Università degli studi di Perugia entrerà in sciopero non è dato sapere - ha detto -. Dobbiamo continuare a fare pressione sul governo per trovare una via d'uscita''. ''Lo spunto per indire l'assemblea - ha continuato - è venuto dalle minacce dei ricercatori, ma deve servire per considerare un panorama più ampio di crisi. Non sappiamo a tutt'oggi quale sarà l'assegnazione del fondo di finanziamento ordinario. Per l'anno accademico 2010-2011 c'è lo spettro di un profondo rosso dei conti pubblici. Una situazione già al limite, che pone in serio dubbio la possibilità di andare avanti anche sul piano dell'erogazione degli stipendi. Siamo chiamati a una programmazione triennale, alla riforma degli ordinamenti didattici, a competere per la qualità, ma le condizioni economiche sono estremamente precarie. Allo stesso modo, si parla di eccellenza e meritocrazia e non si sa con quali mezzi trasformare questi principi in momenti operativi''. Il rettore ha inoltre dichiarato all'ANSA che ''l'Università di Perugia ha già prospettato le sue difficoltà alla Regione e al Comune, trovando una positiva disponibilità da parte della prima a un rapido rinnovo della fondamentale convenzione per la gestione dell'ospedale''. Bistoni ha anche accettato di commentare la posizione assunta dal rettore della Sapienza, Luigi Frati, che, sollevando la questione della scarsa produttività di una fascia di ricercatori nel suo ateneo, ha in parte giustificato i provvedimenti assunti nel tempo dai governi di centrosinistra e centrodestra nei confronti dell'università: ''E' ingiusto attaccare Frati per affermazioni che non possono essere decontestualizzate a piacimento - ha detto Bistoni -. Quello da lui richiamato è un fenomeno presente ovunque, perché anche a Perugia si potrebbe parlare di un 10 per cento di ricercatori che produce poco o nulla''. Gli interventi dei ricercatori nel corso dell'assemblea di stamani hanno in particolare ricostruito l'impatto della manovra sull'università a livello nazionale e hanno sottolineato i problemi irrisolti in merito al loro status giuridico. ''Assumendo la responsabilità di corsi di insegnamento, tenuti in modo volontario e senza che in alcun modo essi incidano sulla carriera, i ricercatori assolvono a un ruolo non richiesto dalla legge, che impone loro solo attività di ricerca e di didattica integrativa a supporto dei professori di prima e seconda fascia'', ha chiarito Amina Maneggia, ricercatore confermato di diritto internazionale a Scienze politiche e componente del coordinamento. ''Il ddl Gelmini porta a una riconfigurazione ancora ambigua della figura e non dà certezze di fondi per la progressione di chi e' a tempo indeterminato. A tutto ciò si aggiungono le misure della manovra Tremonti che apre un quadro di completa mancanza di risorse economiche e motivazionali che possano giustificare la richiesta ai ricercatori di un ruolo a loro non spettante. Se la situazione resta cosi' com'e', da qui a settembre non garantiamo la disponibilità per i corsi di insegnamento'', ribadisce cosi' il coordinamento. Condividi