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Venerdì 16 luglio a Perugia l’Ance (Associazione nazionale costruttori edili) di Perugia ha tenuto il convegno“Piano casa: nuove possibilità di social housing in Umbria”, che ha visto l’autorevole presenza di esperti nel settore e che è stato concluso dall’assessore alle politiche per la casa della Regione Umbria Stefano Vinti. Nel suo intervento l’assessore ha sottolineato la sistematica demolizione da parte del governo di una politica della casa e dell’edilizia residenziale pubblica. Un percorso iniziato già da tempo e che si è ha avuto come asse centrale la svendita del patrimonio immobiliare degli enti pubblici – attraverso le cartolarizzazioni e le privatizzazioni – che sono stati costruiti con i soldi dei lavoratori accumulati con l’ex Gescal negli anni settanta. Si tratta di una politica che ha accantonato utilità sociale a vantaggio degli immobiliaristi, degli speculatori e dei “furbetti del quartiere”, tra l’altro a scapito dei costruttori onesti, di chi produce ricchezza e non si attarda a guadagni facili conseguiti con la rendita. In questo contesto di smantellamento delle politiche per la casa e di azzeramento delle risorse, l’assessore ha sottolineato di non essere pregiudizialmente contrario a politiche di investimento tramite i fondi immobiliari con finanziamenti e interventi pubblici-privati, come prevede la linea di intervento del social housing, ma ha ribadito che in questo indirizzo deve essere chiara la finalità sociale (come ha chiarito una sentenza della Corte costituzionale sul “Piano casa”), e che non va certo inteso come intervento sostitutivo delle politiche della casa e di edilizia residenziale pubblica. Di seguito l’intervento dell’assessore Vinti. Intervento dell’assessore Vinti al convegno “Piano Casa: nuove possibilità di social housing in Umbria” (Perugia, 16 luglio 2010) Il tema della casa rappresenta questione importante per qualsiasi Paese perché incide in maniera diretta sull’organizzazione del territorio e delle relazioni economiche ma anche sulla vita dei cittadini, sia che si tratti dell’acquisto che del ricorso al mercato delle locazioni. Riguarda i giovani, le famiglie, gli anziani e presenta profili problematici differenti (si pensi agli universitari fuori sede o alle dinamiche di mobilità sul territorio imposte dal mercato del lavoro). In Italia il tema casa assume una valenza particolare, perché la casa è il luogo dove si incentrano e si saldano le molteplici identità individuali, ma costituisce da sempre anche un rilevante investimento patrimoniale, di solito il più importante della vita, e come tale viene vissuto e valutato. Nel corso degli ultimi anni, però, per la particolare dinamica demografica e sociale è emerso un nuovo problema abitativo: l’aumento della popolazione e il suo invecchiamento, i flussi migratori consistenti, nonché i fenomeni di precarizzazione del mercato del lavoro e l’allargamento delle aree delle nuove povertà hanno fatto sorgere un’area di disagio che non riguarda l’offerta abitativa in generale, quanto invece una specifica carenza del mercato delle locazioni, caratterizzata da canoni piuttosto alti, spinti dagli elevati prezzi che sostengono i proprietari per l’acquisto degli immobili. Non sono solo i ceti economicamente marginali che si muovono sul mercato immobiliare destinato alla locazione, ma incontriamo un aumento delle tipologie di potenziali locatari: le giovani coppie, i lavoratori precari e i cosiddetti working poors (poveri nonostante l’occupazione), gli studenti e i lavoratori con esigenze di mobilità, persone all’inizio della propria attività lavorativa. Nonostante la predilezione degli italiani – e degli umbri - per la casa di proprietà (circa l’80% delle famiglie), queste dinamiche hanno mutato in parte la fisionomia della domanda abitativa, tanto che una rilevazione della vostra associazione, l’Ance, quantifica nel nostro Paese un fabbisogno abitativo potenziale insoddisfatto di 350mila abitazioni (per la discrasia tra aumento delle famiglie e abitazioni edificate annualmente dal 2004 al 2008), e per gli effetti della crisi si è fatta crescente la domanda di alloggi in locazione,più che il ricorso alla proprietà. Il social housing, allora, diviene una opportunità per rispondere a questa esigenza, per contribuire con strumenti nuovi e importanti, e con il contributo di soggetti pubblici e privati, all’offerta di alloggi in locazione a canone calmierato, in modo da ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati che non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi nel libero mercato, secondo la definizione di alloggio sociale del Decreto ministeriale 22 aprile 2008. Ma il vero problema è come il social housing si aggiunge alle politiche pubbliche di edilizia residenziale, perché il rischio reale è che invece diventi un elemento sostitutivo delle politiche pubbliche della casa. In Umbria, dove è in costante crescita l’afflusso migratorio, dove gli studenti universitari sono stabilmente circa 34-35mila, dove il mercato del lavoro precario non manifesta segnali di diminuzione, dove sono consistenti le domande per alloggi di edilizia residenziale pubblica a canone sociale e concordato, dove le risorse messe a disposizione per il sostegno agli affitti non soddisfano le domande (nonostante la Regione intervenga annualmente con 1 milione di euro di risorse proprie accanto a quelle del fondo nazionale), dove gli sfratti sono cresciuti del 9% nel 2009 rispetto al 2008 (871 provvedimenti di sfratto, di cui 782 per morosità del conduttore, e nei primi 4 mesi del 2010 sono già 338, di cui 317 per morosità), c’è un problema di offerta abitativa e di messa a disposizione di alloggi sociali, con canoni inferiori al prezzo di mercato. La crisi finanziaria ha aggravato i termini del problema. Ma anche la risposta del governo alla crisi rischia di aggravare le problematiche relative alla questione abitativa, visto che viene praticamente azzerato l’intervento della regione in materia di edilizia residenziale pubblica. Attualmente la Regione sta intervenendo in materia secondo le linee di intervento stabilite nel secondo piano triennale per l’edilizia residenziale pubblica relativo al periodo 2008-2010 e sta dando attuazione al piano operativo annuale. Ma con la manovra finanziaria in fase di approvazione in Parlamento per i prossimi tre anni vengono azzerati i trasferimenti statali relativi alle politiche di attuazione degli interventi programmatori in ERP previsti dalla L.R. 23/2003, paralizzando di fatto l’intervento della Regione e degli Ater (verranno a mancare circa 11 milioni di euro nel 2001, e 9 milioni 350 mila nel 2012 e nel 2013). Inoltre, viene cancellato anche il Fondo di sostegno agli affitti ex L 431/98, e per l’Umbria significa meno 1 milione 800 mila euro, dei quasi 3 milioni stanziati ogni anno. Il governo, dunque, si accinge a cancellare le risorse ordinarie per l’edilizia residenziale pubblica, mentre rimangono attive le risorse previste dal Piano casa e per quanto riguarda il social housing, specificamente la linea di intervento prevista dalla lettera a, comma 1 dell’art.1 del Piano, quella di un sistema integrato nazionale e locale di fondi immobiliari per l’acquisizione e la realizzazione di immobili per l’edilizia residenziale ovvero per la promozione di strumenti immobiliari per la valorizzazione e l’incremento dell’offerta abitativa in locazione. Relativamente a questa linea di intervento il governo mette a disposizione 150 milioni di euro, dal fondo del Ministero delle infrastrutture, mentre per il fondo immobiliare nazionale, che avrà durata trentennale e non potrà superare i 3 miliardi di euro, pare pronto l’intervento della Cassa depositi e prestiti con 1 miliardo di euro attivato con il proprio “fondo residenza sostenibile”. Rimane da stabilire come si attiveranno i fondi locali e quali saranno gli interventi degli enti pubblici territoriali, anche se escluderei il ruolo di soggetto che semplicemente mette a disposizione immobili o terreni per gli interventi stabiliti dalla società di gestione del risparmio. Infine, alla luce della sentenza 121 del 2010 della Corte costituzionale che ha dichiarato incostituzionale la lettera e) del comma 1 dell’art. 1 del Piano casa dove prevede la linea di intervento “programmi integrati di promozione di edilizia residenziale anche sociale”, cassando la parola anche, e quindi riproponendo la centralità della funzione sociale delle politiche di edilizia residenziale promosse dalle amministrazioni pubbliche, mi sembra necessario che si trovi una strada concreta, con il contributo di tutti, operatori pubblici e privati, per rilanciare le politiche di edilizia residenziale pubblica, così duramente colpite in una fase difficile del mercato immobiliare, e in una congiuntura economica che andrà ad aggravare i problemi strutturali del mercato abitativo non solo per i ceti sociali svantaggiati, ma per tutti quei soggetti, richiamati all’inizio dell’intervento, che sono entrati nell’area del disagio abitativo, che anche in Umbria rischia seriamente di allargarsi. 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