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di Daniele Bovi Pantalone stavolta sotto il tiro incrociato del Patto di stabilità, della manovra tremontiana e delle bacchettate della Corte dei Conti potrebbe anche non coprire il piatto. La Sase Spa infatti, ossia la società che gestisce l'aeroporto di Sant'Egidio, chiude un altro bilancio in rosso e stavolta il Comune (che detiene il 10,96% della società pari a 382.770 euro) potrebbe decidere che basta così. Il bilancio 2009 della Sase infatti si è chiuso con un passivo di 928.571 euro, che sommati ai 439 mila del 2008 fanno sì che le perdite risultino superiori ad un terzo del capitale sociale (quasi 3,5 milioni). Il che significa che bisogna azzerare le perdite e procedere ad una ricapitalizzazione pari a due milioni. Al Comune spetterebbe una fetta da 219.200 euro. Che in tempi come questi non sono bruscolini. Nella sua relazione il settore Servizi Finziari del Comune piazza paletti ben precisi. Gli oltre 200 mila euro, secondo la Corte, devono essere qualificati come “spese correnti”. Il che significa che non si può, per coprire la perdita, fare un nuovo mutuo o vendere un immobile. Per coprire il piatto insomma bisogna togliere quei soldi da qualche altro capitolo di bilancio. Operazione complessa nel nuovo clima di austerity che si va imponendo. In più sempre la Corte dei Conti fa notare come “la continua e ripetuta ricapitalizzazione per perdite è un comportamento contrario alla buona amministrazione e sana gestione, in quanto le perdite annuali costanti determinano per il Comune socio la riduzione del valore originario del capitale versato in sede iniziale, la costante riduzione del patrimonio comunale per far fronte ogni volta alla copertura delle perdite e comunque una non corretta gestione del patrimonio pubblico”. Detto ciò, il settore Servizi Finanziari pur ammettendo che le “perpetuate perdite annuali” rientrano in un piano industriale ventennale, e “pur essendo consapevole dell'importanza che riveste lo sviluppo di tale servizio”, “suggerisce di valutare attentamente l'entità delle nuove sottoscrizioni anche nella logica di una riduzione dell'attuale quota partecipativa e di una maggiore adesione azionaria degli altri enti pubblici”. O si vende dunque, oppure gli altri soci pubblici devono cominciare a mettere mano al portafoglio. Da palazzo dei Priori fanno notare come il Comune in questi anni abbia supportato attivamente la fase di crescita dello scalo vista la necessità di investire per portare più voli e più turisti. In una fase così però, fanno notare sempre da Palazzo, tirare fuori ancora una volta il portafoglio è difficile. L'ipotesi prevalente non è quella di vendere l'intero pacchetto azionario bensì di scendere a un 5 per cento. Non sarebbe, dicono, la fine del mondo. Condividi