PERUGIA - "L'assessore Riommi insiste nella sua curiosa interpretazione federalista del sistema sanitario: secondo lui tre pareri del Consiglio Superiore di Sanita che dichiarano necessario il ricovero ordinario per chi abortisce con la RU486, non hanno valore. E quindi non ne hanno neppure le linee di indirizzo ministeriali sull'aborto con la pillola, che su quei pareri si basano. Ma il Consiglio Superiore di Sanita' e' la massima autorita' sanitaria istituzionale italiana: evidentemente l'assessore Riommi ha chissa' quali altri riferimenti, per la salute degli umbri".
Cosi si legge in una nota congiunta diramata dall'Associazione Scienza e Vita e dal Forum delle Associazioni Familiari, secondo i quali "e' ora di dire basta ai pretesti: i politici che vogliono usare la RU486 per introdurre l'aborto a domicilio nella nostra regione, farebbero bene a dirlo apertamente, anziche' cercare di nascondersi dietro argomentazioni che, tra l'altro, non convincono nessuno".
E' anche da segnalare un intervento sullo stesso tono del consigliere Udn Sandra Monacelli, che sostiene: “L'assessore Riommi continua a parlare della pillola abortiva Ru486 senza sapere di cosa sta parlando: oltre a ribadire che non spetta ai politici stabilire il tipo di ricovero per abortire con la Ru486, perché va scelto dai medici, Riommi accusa di ipocrisia quei governatori che scelgono il ricovero ordinario, dicendo che ‘alle donne viene data in mano la pillola, nell'altra il foglio per le dimissioni’”.
“Innanzitutto - prosegue Monacelli -, proprio perché sono i medici a dover stabilire il tipo di ricovero, e non i politici, l'assessore Riommi – secondo Monacelli -
dovrebbe piuttosto andare a leggersi i tre pareri del Consiglio Superiore di Sanità, massima autorità sanitaria istituzionale italiana, composta, appunto, da medici, e non da politici. I tre pareri sono già sul suo
tavolo, insieme alle linee di indirizzo del Ministero, e parlano tutti di ‘necessità’ di ricovero ordinario.
Forse l'assessore Riommi essendo un politico, per essere coerente con quanto afferma, dovrebbe fare un passo indietro e ascoltare i medici del consesso scientifico più autorevole del nostro Paese”.
“Se la nostra regione – continua - dovesse discostarsi dai tre pareri del CSS e dalle indicazioni del Ministero, dovrà darne ampia giustificazione a tutti i cittadini, ed assumersene di conseguenza tutte le responsabilità. Ma neanche le accuse politiche di Riommi sono corrette: abbiamo letto proprio ieri, su ‘Repubblica’, che a Milano le poche decine di donne che hanno abortito con la Ru486 hanno scelto quasi tutte il ricovero ordinario, come indica la Regione Lombardia, anche in cliniche ‘storiche’ dal punto di vista dell'aborto, come la ‘Mangiagalli’”.
“La vera ipocrisia – conclude - è di chi cerca di introdurre surrettiziamente nel nostro paese l'aborto a domicilio, spingendo le donne che abortiscono con la Ru486 alle dimissioni anticipate, anziché seguire
le indicazione mediche più significative che le autorità sanitarie italiane ci stanno offrendo”.
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