di Fulvio Lo Cicero
Non sono pochi i sindaci che sperano nel nuovo gettito, visto che sono alla canna del gas. Ma il disegno di questa nuova imposta si prospetta come una nuova stangata per i cittadini
ROMA – Da un lato blandisce, dall’altro stanga. La strategia del superministro Tremonti sembra chiara. I Comuni sono stati blanditi con l’introduzione della nuova tassa sui servizi che, nella concezione federalista, dovrebbe consentire agli enti locali di imporre tributi per tutto ciò che attiene al territorio di loro competenza. Le Regioni rimangono al palo: i tagli da 8,5 miliardi sono confermati.
Tanto che anche fra i sindaci comincia a far capolino qualche dubbio sulla reale consistenza delle future entrate che deriveranno dalla nuova tassa sui servizi. «La direzione è quella giusta, ma i tagli alle Regioni restano e finiscono per ripercuotersi anche su di noi» afferma Fausto Merchiori, sindaco di Rovigo, mentre secondo Simonetta Rubinato, deputato democratico e sindaco di Roncade «l’accordo con il governo è una farsa, perché i tagli rimangono invariati. E’ grave che siglando questa intesa il presidente dell’Anci Chiamparino abbia dato copertura politica ad un governo che continua a utilizzare i Comuni come un bancomat».
Le aspettative sull’Imu e lo scontro sulle Regioni
L’imposta unica sugli immobili raggrupperà la vecchia Ici (applicata soltanto sulle seconde case), l’Irpef, applicata sempre agli immobili e le imposte ipotecarie e catastali, oltre a quella di registro. A questa, i Comuni potranno aggiungere anche la tassa sui passi carrabili, la tassa sull’occupazione di suolo pubblico, la Tosap, la Tia. Come si vede, non c’è niente di veramente nuovo sotto il sole. Praticamente l’Imu non sarebbe altro che un raggruppamento di vecchie imposte che i Comuni già riscuotevano in precedenza. Ci sarebbe da chiedersi, quindi, cosa ci sia di nuovo nel tanto decantato federalismo fiscale che Umberto Bossi vede, però, soltanto come un grimaldello per raggiungere l’obiettivo finale, che è rimane quello di un federalismo competitivo fra Nord e Sud. Il senatur, intanto spara a zero sulle Regioni protestatarie. «Comuni e provincie hanno agito meglio delle Regioni, col muro contro muro non si va da nessuna parte. E la restituzione delle deleghe da parte dei governatori è una stupidaggine: i soldi vanno presi quando ci sono non dopo», afferma e tanto è stato sufficiente per mettere in riga sia Cota, sia Zaia, cioè i governatori di Piemonte e Veneto, che hanno lacerato l’unità di intenti delle Regioni contro la manovra economica.
Sempre nell’ambito del federalsimo impositivo dei Comuni si inserisce la cosiddetta “cedolare secca” sugli affitti, che Tremonti prospetta di introdurre. Fino ad ora, il canone di locazione di un immobile concorreva a formare il reddito imponibile ai fini dell’Irpef. Con la nuova imposta, praticamente questa entrata sarebbe assimilata a quella derivante dal possesso di azioni, cioè dalla riscossione dei dividendi, che sono colpiti alla fonte e non concorrono a formare il reddito. Alla fin fine questa sarebbe l’unica vera novità fra le tante contrabbandate dal superministro e dai leghisti, cioè un’imposta riscossa alla fonte del reddito prodotto dagli stessi Comuni. Ma il problema principale ora è capire quanto costerà ai cittadini tutto questo fervore impositivo. Secondo i primi calcoli, la Imu dovrebbe valere non meno di 400 euro a testa all’anno. Quando si parla dei “costi” del federalismo si dovrebbe tenere conto anche di questo. E poi c’è l’incognita della ampia discrezionalità che Tremonti ha promesso ai sindaci, che potrebbero variare più di adesso le quote di imposte, aggiungere addizionali, insomma fare delle piccole “manovre” finanziarie. Tutto sulla testa dei soliti tartassati.
Calderoli: “Ai Comuni una dote di 30 miliardi”
Insomma, i Comuni sembrano essere diventati, tutt’un tratto, le nuove galline dalle uova d’oro. Almeno questo è quello che pensa il ministro per la semplificazione Roberto Calderoli, secondo il quale, a regime, la riforma leghista-tremontiana assegnerebbe loro una dote di gettito pari a 30 miliardi. Nel computo vanno inserite anche le cosiddette “case fantasma” che la riforma porterebbe alla luce, come nuovo oggetto di imposizione. Essendo “fantasma” vuol dire che non sono censite, cioè accatastate. Secondo il ministro leghista, l’Imu vale 25 miliardi, che diventerebbero 30 appunto con l’aggiunta della tassazione sugli immobili fantasma e con la cedolare secca.
Dal sito dazebao.org
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