Il 10 giugno scorso l'Associazione spoletina Casa Rossa spediva alle diverse soggettività dell'antagonismo umbro un invito ad una riunione affermando «... in Umbria si deve trovare il modo di incontrarsi per costruire insieme iniziative di resistenza e di lotta contro chi vuole far pagare la crisi capitalista ai ceti popolari e ai lavoratori». Condividendone lo scopo, partecipammo di buon grado alla riunione, che si svolse il 18 giugno. Malgrado la diversità di opinioni si registrò comunque la volontà di procedere nel tentativo unitario. In questo spirito i presenti condivisero l'idea di trasformare la tradizionale festa dei comunisti di Spoleto in un evento a carattere regionale. Ci si ritrovò quindi alla riunione del 29 giugno (alla quale parteciparono anche militanti della CGIL e del PRC), la quale non poteva prescindere dal segnale giunto pochi giorni prima dal referendum di Pomigliano. In questa occasione, proprio partendo dalla lezione di Pomigliano, noi insistemmo su tre punti: (1) sulla necessità di dare vita ad una RETE DELLA RESISTENZA OPERAIA E SOCIALE; (2) che la vicenda di Pomigliano ci indicava non solo che eravamo di fronte ad un "cambio di fase" ma che questa RETE doveva essere aperta a tutte le forze d'opposizione, ovvero possibilmente includere PRC e i settori non concertativi della CGIL; (3) che la Festa doveva dunque essere un trampolino di lancio per dare vita in Umbria a questa RETE unitaria. La riunione, malgrado la contrarietà delle Rdb, decise di riconvocarsi per il 6 luglio successivo e, per cercare di trovare la quadra, diede mandato a tre compagni di scrivere il testo convocatorio della Festa, che così recitava: «Bozza fondamentale di un manifesto da condividere, intorno al quale costruire iniziative per costruire e fare crescere: una "rete di resistenza operaia e sociale" FACCIAMO LA FESTA AI PADRONI! - Non si tratta di uscire dalla crisi ma dal capitalismo! - L?Italia subisce una crisi che non è solo economica, ma sociale, politica e morale. - Crescono intanto disoccupazione, cassa integrazione, precariato e tante famiglie non riescono ad arrivare alla fine del mese. - Il governo Berlusconi, sprofondato nella corruzione, vara misure inique che colpiscono il mondo del lavoro, mentre ingrassano i soliti predoni della grande industria e gli speculatori finanziari. - Gli oppositori di centro sinistra di Berlusconi in parlamento, non fanno nulla contro le sue smanie autoritarie e propongono le stesse ricette economiche liberiste. - Crescono focolai di Resistenza dei lavoratori, alimentiamoli». Purtroppo il testo venne inviato solo il 5 luglio, quindi solo un giorno prima della riunione decisiva. L'invito non faceva in tempo a giungere ai destinatari che giungeva la risposta delle Rdb. Senza nemmeno prendere in considerazione il contenuto politico condensato nel testo, il portavoce delle Rdb affermava: «Come ho già detto all'ultima riunione e lo ripeto, non sono disponibile ad organizzare una festa con quei soggetti ancora subalterni al regime del centro-sinistra umbro, con questi si possono fare al limite delle iniziative su denominatori comuni, ma in piazza, non ci si organizza una festa antagonista, indipendente e anticoncertativa. Non se ne parla proprio. Se si vuole iniziare un serio confronto con tali soggetti, ci vuole che questi prima si impegnino ufficialmente ad uscire da tutte quelle alleanze locali e regionali, solo così si potrà avviare una discussione ed anche organizzare insieme una festa. Non voglio condividere nulla con quei partiti e gruppi dirigenti subalterni al centro sinistra». Un brutto auspicio, che preannunciava l'imboscata che infatti verrà puntuale alla decisiva riunione del 6 luglio. Con toni deliberatamente offensivi un compagno spoletino aggredisce verbalmente i rappresentanti del PRC, riuscendo così, malgrado gli sforzi in senso contrario, a mandare la riunione a carte quarantotto. Stendiamo un pietoso velo su quanto è accaduto e ragioniamo di politica. I fatti su esposti mostrano che un pezzo della sinistra antagonista umbra, principalmente riferibile ai sindacati di base, non è disponibile a costruire una RETE UNITARIA DELLA RESISTENZA OPERAIA E SOCIALE che vada oltre l'angusto perimetro dei piccoli gruppi d'estrema sinistra. E' una posizione politica giusta o sbagliata? E' una posizione sbagliatissima! Estremistica nei toni è del tutto squinternata nella sostanza. Evidentemente c'è chi è rivolto con la testa all'indietro e non vuole cogliere, né la gravità del momento che attraversiamo, né i segnali che arrivano da ogni parte. Siamo dentro una crisi economica e sociale la più grave dal dopoguerra. Se ne esce o con una vittoria del blocco reazionario e autoritario o, all'opposto, con una svolta anticapitalistica e rivoluzionaria. La Fiat, da sempre prima linea del fronte padronale, ha tentato a Pomigliano lo sfondamento frontale di una delle ultime trincee di resistenza operaia. Questa trincea non è caduta, ma l'offensiva proseguirà. Sta per iniziare una partita sociale e politica la cui posta in palio non è la sopravvivenza di questa o quella sigla sindacale o politica, ma la riduzione della classe operaia in schiavitù, l'annientamento di ciò che resta del movimento operaio. Il padronato ha dalla sua non solo il governo Berlusconi (che otre a promuovere una politica si sacrifici antipopolari punta a scardinare ciò che resta della Costituzione) ma da una fronte vastissimo, che ingloba anche le cosiddette opposizioni, tra cui il PD e gran parte della CGIL. In queste condizioni difficilissime occorre dare vita alla più ampia e forte opposizione, sociale e politica, ad un "fronte del rifiuto" che unisca tutte le soggettività sociali e politiche minacciate. Da qui la necessità categorica di una RETE ANTICAPITALISTA DELLA RESISTENZA OPERAIA E SOCIALE. Prima domanda: è possibile, oltreché necessaria, questa RETE? Noi pensiamo di sì, pensiamo che la domanda di unità crescerà nei prossimi mesi e gli ostacoli di natura soggettiva saranno vinti. Seconda domanda: scenderà forse questa RETE dall'alto come lo Spirito santo? Certo che no. I quartieri generali nazionali hanno mostrato da tempo la loro inadeguatezza, la qual cosa ci obbliga a muovere i primi passi nella nostra regione. Terza domanda: vista l'ostilità dei settari dobbiamo forse rinunciare all'impresa? No, dobbiamo invece insistere, aprendo un tavolo di confronto unitario con tutti i pezzi del movimento operaio, politici e sindacali locali disponibili ad un'unità su basi anticapitalistiche veraci. Esitare per andare dietro ai divisionisti sarebbe come accettare la tragica sorte dei polli di Renzo, che si beccavano tra loro mentre venivano portati al macello. Condividi